Ricordate il processo di Lisbona e l'obiettivo ambizioso di fare dell'Europa l'economia basata sulla conoscenza più avanzata del mondo? La Commissione Europea fa periodicamente il punto sui progressi compiuti nei diversi paesi, e ne parla in questo comunicato.
L'Italia non si piazza benissimo: non siamo tra i paesi più dinamici (Danimarca, Finlandia, Germania, Svezia e Regno Unito). Abbiamo buone performance nella produzione di conoscenze (leggi, numero di brevetti), ma meno che buone nella loro applicazione. La produttività dei centri di ricerca è dunque elevata. Il problema sta nel trasferimento delle nuove conoscenze in progetti di impresa.
Abbiamo due mondi che devono amalgamarsi meglio: da un lato il mondo della ricerca (accademica, ma non solo) produce in gran parte per sé, i ricercatori con vocazione imprenditoriale sono troppo pochi rispetto agli altri paesi; dall'altro molti capi di imprese medio-piccole di prima generazione hanno una cultura artigianale (preziosissima, beninteso) che non assume facilmente modelli concettuali astratti e fatica a dialogare con il mondo della ricerca.
A volte penso che basterebbe molto poco per ottenere molto: basterebbe far incontrare le persone, ricercatori e imprenditori, nuove e vecchie generazioni, per uno scambio vantaggioso di metodo contro senso del business, creatività del ragionare e del fare. I passaggi generazionali offrono l'occasione per farlo.
Confido che anche le università, a cominciare dai politecnici, diventeranno col tempo più abili a orientare ai risultati i loro progetti di trasferimento tecnologico.
Luca
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