Interessante l'articolo del Sole 24 ore sui rating sovrani emessi dall'agenzia cinese Dagong. Il paese che è tra i maggiori investitori in T-bond vuol dire la sua anche sui criteri di merito. Luca
Già ci stanno facendo le scarpe (in senso reale, non metaforico) e i giocattoli alla plastica tossica. Ora ci facciamo fare anche il rating. Certo questo è il secolo della Cina, ma il fatto che siano una potenza economica e non solo non toglie che là non vi siano sufficienti diritti umani e che il 90% delle condanne a morte del mondo sia eseguito da un boia cinese. Dal punto di vista politico nulla è cambiato da piazza Tien An Men, oltre un ventennio fa. Alla faccia della democrazia e della equità che devono essere il viatico dei rating in salsa di soia. E del resto noi occidentali non potevamo meritarci altro. Finché le "Tre Grandi" (Moody's, S&P e Fitch) davano per buono il debito di Lehman Bros il giorno prima del fallimento, qualsiasi cinese può dire "ma noi siamo guidati da standard e teorie di rating diverse". Persa la credibilità in maniera così clamorosa (e non c'è solo il caso Lehman dietro a questo, ma tutti i casini, mi si perdoni il francesismo, fatto dalla finanza mondiale in questo ultimo decennio con derivati, CDO, CDO^n, CDS, ABS e insalsicciamenti vari che sulla carta ripartivano il rischio ma nella realtà moltiplicavano l'incertezza rendendo il rischio semplicemente non valutabile (come la crisi dei Sub Prime ha dimostrato). La soluzione proposta dai cinesi è la concorrenza dei modelli (ah, ah, da che pulpito, comunisti con il pallino del mercato e della concorrenza: qualcosa non mi torna). Il sistema finanziario occidentale non ha saputo affrontare il conflitto di interessi e la conseguente mancanza di trasparenza sui criteri utilizzati per calcolare i rating. Il procedimento di calcolo deve essere reso noto perché si possa vagliare criticamente il valore del risultato finale. Altrimenti il calcolo diventa (come dicono i cinesi) ideologia perché, dico io, laddove non si vedono i dettagli si può solo interpretare e nell'interpretazione ci sta tutto quello che si vuole (non che i rating cinesi siano migliori da questo punto di vista, come si fa a credere ad uno stato, pur solido economicamente come la Cina, che non è democratico? Comprereste i suoi bond? eppure si autovalutano Aa+!) Certamente i cinesi hanno capito che attribuire i rating può dare un potere molto importante nel sistema finanziario ma anche politico (vedi caso Grecia) e non ne vogliono certamente rimanere fuori. Sicuramente questo sarà il secolo cinese. E' da capire se la Cina diventerà presto una vera democrazia altrimenti i prossimi saranno anni difficili.
Ho lasciato per strada un pezzo di frase, quinto paragrafo, secondo periodo, riformulo: Persa la credibilità in maniera così clamorosa (e non c'è solo il caso Lehman dietro a questo, ma tutti i casini, mi si perdoni il francesismo, fatto dalla finanza mondiale in questo ultimo decennio con derivati, CDO, CDO^n, CDS, ABS e insalsicciamenti vari che sulla carta ripartivano il rischio ma nella realtà moltiplicavano l'incertezza rendendo il rischio semplicemente non valutabile, come la crisi dei Sub Prime ha dimostrato) chiunque si può fare avanti con qualunque teoria.
Gigi: la Cina si accinge a diventare il maggior acquirente netto di titoli sovrani, ha tutto l'interesse a condizionarne il mercato oggi egemonizzato dalle ex investment bankk ed agenzie di rating statunitensi. Il fatto che abbia raggiunto questo potere finanziario anche grazie ad un sistema politico ed economico autoritario, come descrivi correttamente, è innegabile. Per' è un paese più vitale dei nostri, con testa e muscoli più vigorosi. Dove questo li porterà, ci porterà? Non lo so. Rinnovo l'auspicio formulato sopra rispondendo a Bartolo.
Di oggi la notizia che la Cina ha superato il Giappone come pil diventando la seconda economia mondiale. Ben lontani sono i valori del pil pro-capite da quelli dei paesi occidentali. Non so se ci sono studi che mettono in relazione il tasso di democrazia con il pil procapite. Se c'è una correlazione è da capire dove sta la causa e dove sta l'effetto (è la democrazia che causa il pil o è il pil che causa la democrazia? oppure né l'uno né l'altro?). Resta il fatto che non possiamo trascurare la Cina, ma non possiamo neanche passare sopra alla mancanza di diritti che i cinesi soffrono, non tanto per filantropia, quanto per interesse. Con un sistema economico aperto sono possibili arbitraggi regolamentari e, di fatto, gli scarsi diritti dei cinesi diventano salari più bassi che le multinazionali sfruttano portando lì la produzione dall'Europa (e dall'America) più democratica ma più costosa. E' il mercato, bellezza, direbbe qualche vetero-liberista. E' sfruttamento, dico io, di lavoratori cinesi, che si tramuta in licenziamenti o in lavori sottopagati di lavoratori occidentali. In questo agosto piovoso, pensiamoci: la Cina è vicina, forse troppo.
6 commenti:
Già ci stanno facendo le scarpe (in senso reale, non metaforico) e i giocattoli alla plastica tossica. Ora ci facciamo fare anche il rating.
Certo questo è il secolo della Cina, ma il fatto che siano una potenza economica e non solo non toglie che là non vi siano sufficienti diritti umani e che il 90% delle condanne a morte del mondo sia eseguito da un boia cinese.
Dal punto di vista politico nulla è cambiato da piazza Tien An Men, oltre un ventennio fa.
Alla faccia della democrazia e della equità che devono essere il viatico dei rating in salsa di soia.
E del resto noi occidentali non potevamo meritarci altro. Finché le "Tre Grandi" (Moody's, S&P e Fitch) davano per buono il debito di Lehman Bros il giorno prima del fallimento, qualsiasi cinese può dire "ma noi siamo guidati da standard e teorie di rating diverse". Persa la credibilità in maniera così clamorosa (e non c'è solo il caso Lehman dietro a questo, ma tutti i casini, mi si perdoni il francesismo, fatto dalla finanza mondiale in questo ultimo decennio con derivati, CDO, CDO^n, CDS, ABS e insalsicciamenti vari che sulla carta ripartivano il rischio ma nella realtà moltiplicavano l'incertezza rendendo il rischio semplicemente non valutabile (come la crisi dei Sub Prime ha dimostrato).
La soluzione proposta dai cinesi è la concorrenza dei modelli (ah, ah, da che pulpito, comunisti con il pallino del mercato e della concorrenza: qualcosa non mi torna).
Il sistema finanziario occidentale non ha saputo affrontare il conflitto di interessi e la conseguente mancanza di trasparenza sui criteri utilizzati per calcolare i rating. Il procedimento di calcolo deve essere reso noto perché si possa vagliare criticamente il valore del risultato finale. Altrimenti il calcolo diventa (come dicono i cinesi) ideologia perché, dico io, laddove non si vedono i dettagli si può solo interpretare e nell'interpretazione ci sta tutto quello che si vuole (non che i rating cinesi siano migliori da questo punto di vista, come si fa a credere ad uno stato, pur solido economicamente come la Cina, che non è democratico? Comprereste i suoi bond? eppure si autovalutano Aa+!)
Certamente i cinesi hanno capito che attribuire i rating può dare un potere molto importante nel sistema finanziario ma anche politico (vedi caso Grecia) e non ne vogliono certamente rimanere fuori.
Sicuramente questo sarà il secolo cinese. E' da capire se la Cina diventerà presto una vera democrazia altrimenti i prossimi saranno anni difficili.
Ho lasciato per strada un pezzo di frase, quinto paragrafo, secondo periodo, riformulo:
Persa la credibilità in maniera così clamorosa (e non c'è solo il caso Lehman dietro a questo, ma tutti i casini, mi si perdoni il francesismo, fatto dalla finanza mondiale in questo ultimo decennio con derivati, CDO, CDO^n, CDS, ABS e insalsicciamenti vari che sulla carta ripartivano il rischio ma nella realtà moltiplicavano l'incertezza rendendo il rischio semplicemente non valutabile, come la crisi dei Sub Prime ha dimostrato) chiunque si può fare avanti con qualunque teoria.
Ciao Luca, volevo formulare a Te, alla Tua famiglia e a tutti i Lettori del blog il migliore ferragosto possibile, ciaoooo
Grazie, Bartolo, che Maria Assunta in cielo accompagni tutti noi e le nostre famiglie.
Gigi: la Cina si accinge a diventare il maggior acquirente netto di titoli sovrani, ha tutto l'interesse a condizionarne il mercato oggi egemonizzato dalle ex investment bankk ed agenzie di rating statunitensi. Il fatto che abbia raggiunto questo potere finanziario anche grazie ad un sistema politico ed economico autoritario, come descrivi correttamente, è innegabile. Per' è un paese più vitale dei nostri, con testa e muscoli più vigorosi. Dove questo li porterà, ci porterà? Non lo so. Rinnovo l'auspicio formulato sopra rispondendo a Bartolo.
Di oggi la notizia che la Cina ha superato il Giappone come pil diventando la seconda economia mondiale. Ben lontani sono i valori del pil pro-capite da quelli dei paesi occidentali. Non so se ci sono studi che mettono in relazione il tasso di democrazia con il pil procapite. Se c'è una correlazione è da capire dove sta la causa e dove sta l'effetto (è la democrazia che causa il pil o è il pil che causa la democrazia? oppure né l'uno né l'altro?). Resta il fatto che non possiamo trascurare la Cina, ma non possiamo neanche passare sopra alla mancanza di diritti che i cinesi soffrono, non tanto per filantropia, quanto per interesse. Con un sistema economico aperto sono possibili arbitraggi regolamentari e, di fatto, gli scarsi diritti dei cinesi diventano salari più bassi che le multinazionali sfruttano portando lì la produzione dall'Europa (e dall'America) più democratica ma più costosa. E' il mercato, bellezza, direbbe qualche vetero-liberista. E' sfruttamento, dico io, di lavoratori cinesi, che si tramuta in licenziamenti o in lavori sottopagati di lavoratori occidentali. In questo agosto piovoso, pensiamoci: la Cina è vicina, forse troppo.
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