Il 2 dicembre è stato presentato a Roma il Settimo rapporto UniCredit sulle piccole imprese. Quest'anno l'indagine, come sempre interessante e ben presentata, mette a fuoco le politiche di internazionalizzazione. Cito alcuni passaggi dal comunicato stampa:
La piccole dimensione delle imprese italiane potrebbe essere un ostacolo per il prossimo futuro se non fosse accompagnata da un cambio di prospettiva. A fronte della profonda metamorfosi dello scenario globale, occorre avviare un processo di rafforzamento del tessuto produttivo che consenta di partecipare con profitto ai nuovi equilibri del commercio internazionale, orientati sempre di più verso mercati non solo geograficamente più lontani. In quest’ottica, la patrimonializzazione è un aspetto chiave, su cui esistono ampi spazi di miglioramento. I dati rivelano vi sia ancora un utilizzo eccessivo della leva finanziaria: il 58,5% delle imprese internazionalizzate presenta una leva superiore al 75%.[...]Non manca il riferimento (garbato) al ruolo dei confidi e delle associazioni:
Nonostante l’individuazione di controparti commerciali costituisca il primo e forse più importante scoglio nei processi di internazionalizzazione, i risultati dell’indagine mostrano come il primo approccio ai mercati esteri sia avvenuto in maniera autonoma, ovvero servendosi del passaparola fra imprese, della ricerca su Internet, o partecipando a fiere di settore. Anche per quanto riguarda l’operatività ordinaria il ricorso a soggetti esterni appare ancora limitato, vuoi per una innata tendenza al “fare da sé”, vuoi per una mancata conoscenza di iniziative e servizi dedicati.[...]
Come rilevato dall’indagine Unicredit la partecipazione a filiere globali consente alle realtà di piccole dimensioni di affacciarsi (direttamente o indirettamente) sui mercati esteri con maggiore autonomia, contenendo al minimo l’impatto degli elevati costi fissi associati ai processi di internazionalizzazione. Purtroppo la partecipazione a reti di impresa appare ancora limitata: il 20,5% delle imprese internazionalizzate intervistate dichiara di appartenere ad un distretto e il 16,7% a una filiera globale. Appena l’8,5% dichiara di appartenere a entrambe queste forme di rete.
Sempre in un ottica di concertazione tra attori del territorio, importante è anche il ruolo di Confidi. Come emerge dall’indagine UniCredit, durante la fase più acuta della crisi i Confidi hanno reso più trasparente lo scambio di informazioni tra banca e piccola impresa grazie ad un effetto di segnalazione (positivo) che si è sommato alla tradizionale fornitura di garanzie accessorie. Parimenti strategiche risultano essere le Associazioni di categoria, non solo nell’ambito della consulenza e della formazione dei propri associati ma anche nei processi di internazionalizzazione. I risultati di una seconda indagine rivolta specificatamente ad Associazioni di categoria e Confidi confermano per entrambi un ruolo di interlocutori qualificati.Potete scaricare il rapporto completo in formato pdf qui.
Luca
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