[Per chi usa il Mac, ho avuto dei problemi a caricare il pdf in Anteprima, con tutti gli altri lettori non dovrebbero esserci problemi]
La pubblicazione ha uno scopo didattico, per cui è piuttosto lunga.
È stata scritta per divulgare nei confronti degli operatori, dei media e degli studenti universitari una metodologia coerente per valutare le azioni bancarie nell’attuale contesto regolamentare e di mercato. Contiene tre esempi che dimostrano come applicare i modelli di valutazione (non rappresentano raccomandazioni di investimento, né veicolano giudizi di merito sulle banche considerate).
Si tratta di un work in progress. Commenti e osservazioni sono benvenuti, così come segnalazioni di casi e informazioni interessanti per arricchire gli esempi riportati e svilupparne di nuovi.
Contatti: luca.erzegovesi@unitn.it
Twitter: @lerzegov
Qui c'è l'abstract
Dal 2007 le performance di Borsa delle azioni bancarie italiane hanno avuto un andamento molto negativo. La mediana del multiplo Price/Tangible Book value per share di un campione di banche italiane quotate è scesa da 1,85 a fine 2007 a 0,41 a fine 2016. Investire capitale in una banca equivale, con multipli di valutazione inferiori a 0,5, a distruggerne più della metà del valore. La fragilità delle quotazioni dell'equity ha ostacolato la ricapitalizzazione sul mercato delle banche che erano pressate dalle Autorità a ripristinare i loro margini di solvibilità.
Questo paper tratta le tecniche di valutazione delle azioni bancarie adottate dagli investitori nell’attuale quadro regolamentare e macrofinanziario. Scopo dell’analisi è quello di dare ragione dell’andamento fortemente erratico dei prezzi delle azioni bancarie, tanto sul mercato di Borsa, quanto nelle operazioni di aumento di capitale, individuando nel contempo le leve sulle quali agire per migliorare i parametri di valutazione. Il tema è trattato in due paper collegati. La prima parte, svolta in questo lavoro, tratta del quadro regolamentare e dei casi di ricapitalizzazione sul mercato da parte di banche che non versano in situazione di crisi conclamata; ci si concentra pertanto sul valore di mercato del CET1, la componente di capitale primario di una banca. La seconda parte tratterà i casi di risanamento e risoluzione delle banche in dissesto o a rischio di dissesto, insieme con la valutazione degli strumenti di capitale addizionale (AT1) e supplementare (T2).
Si inquadra dapprima la regolamentazione prudenziale vigente in materia di requisiti di capitale, caratterizzata da continue innovazioni della normativa e delle prassi di supervisione, che avvengono in una fase storica di cambiamento dei modelli di business. Si trattano poi i criteri di misurazione del capitale richiesto e del capitale disponibile, la cui differenza misura un eccesso o un ammanco di capitale che impatta sul valore delle azioni. Chiariti i vincoli regolamentari, si propone un approccio valutativo semplice e immediatamente riscontrabile con le quotazioni di mercato, basato sul multiplo di valutazione Prezzo/Patrimonio netto tangibile per azione (PB). Dopo un riassunto dei concetti fondamentali perla valutazione degli aumenti di capitale, il modello del PB viene adattato per esplicitare l’effetto dei fabbisogni di capitale sulla valutazione di mercato di una banca che non versa in una situazione di crisi palese e che si rivolge al mercato per reperire le risorse mancanti. Si trattano in particolare l’impatto dei crediti deteriorati in eccesso e gli interventi di riorganizzazione del modello di business. La descrizione dei modelli è corredata da due esempi esplicativi relativi alle banche popolari venete ricapitalizzate dal Fondo Atlante nell’aprile e nel giugno 2016 e all’operazione del gruppo Unicredit annunciata nel dicembre 2016 e attuata nel febbraio 2017. Affinare i modelli di valutazione delle azioni aiuta nella diagnosi e nella soluzione dei problemi delle banche sottocapitalizzate. Rimedi apparentemente risolutivi possono rivelarsi impraticabili. Un’analisi rigorosa consente di accertare preventivamente la loro inefficacia. I modelli aiutano inoltre a stimare il rapporto tra costi e benefici degli interventi che fanno uso di fondi pubblici e consortili, mettendo in luce la redistribuzione di valore tra gli attori coinvolti.
2 commenti:
Caro Luca, innanzi tutto grazie. Tu ci ricordi che c'è in corso un dibattito USA-UE sull'opportunità di mantenere il costoso sistema IRB. Me lo domando anch'io da molto tempo. La PD da inserire nella formula di Scholes per ottenere un k=0,08, con LGD=0,45, è 2.66. Ciò significa che solo le banche con PD media inferiore a 2.66 possono trovare conveniente il metodo IRB (senza tener conto dei costi di impianto). Ma quali sono queste banche? Il metodo IRB era sconveniente fin dal principio. Che ne pensi?
Caro Sapio, la clientela in bonis ha PD inferiori al 2,66%. Quello che cambia le carte in tavola è la crescita del deteriorato e la revisione all'insù delle LGD in base ai dati reali dei recuperi e delle cessioni
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