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martedì 22 luglio 2008

Il Ministro Tremonti sulla Banca del Mezzogiorno



L'articolo 4 del disegno di legge sulle misure per lo sviluppo economico (etc.) stanzia 5 milioni di euro per promuovere la costituzione di una Banca del Mezzogiorno. Ecco le ragioni della proposta illustrate alla Camera il 17 luglio in questo intervento del Ministro Tremonti.
Io credo profondamente nella banca del sud. Il Mezzogiorno d'Italia è l'unica area d'Europa totalmente «debancarizzata». In tutte le grandi regioni d'Europa vi sono banche locali, territoriali, autoctone. Il Mezzogiorno d'Italia è l'unica regione d'Europa che non ha banche tipiche, proprie, anzi il fatto che vi fossero e non vi siano più è certamente anche prodotto ed effetto di alcuni errori e degenerazioni della classe politica. Tuttavia, il fatto che vi fossero e non vi siano più non può essere comunque considerata una colpa permanente del Mezzogiorno d'Italia. La linea bancaria si è progressivamente spostata: ancora due anni fa era a Roma, adesso è a Milano ed è prevedibile che l'anno prossimo sia a Monaco di Baviera. Non credo che il merito del credito per un piccolo investimento, per un piccolo imprenditore, possa essere apprezzato correttamente da soggetti così remoti. L'attività di banca non è solo l'utilizzo dei computer, la compilazione di formati, l'utilizzo di ratios, ma è qualcosa che ha anche a che vedere con i rapporti umani, con la conoscenza dell'imprenditore, della sua famiglia, della sua storia, del suo carattere e della sua onestà. Noi crediamo in una banca pubblica, nel senso di azioni diffuse tra il pubblico, non con soldi pubblici. Ci è stato detto: «soldi pubblici», ma sono vietati dall'Europa, quindi tranquillizziamoci in questi termini: non sarà la replica di quegli istituti che hanno, alla fine, distrutto capitale pubblico, non sarà così. Può essere che l'esperimento incontri alcune difficoltà, ma crediamo che sia, comunque, una necessità. Noi non crediamo al cinico fatalismo di chi - avendo considerato e forse anche provato esperimenti negativi, anche magari direttamente, di persona - condanna il sud a non avere una banca del sud. Vogliamo provare a fare in modo che il sud abbia una banca del sud.
Il fatto di non avere banche di peso con soggetto economico locale è una ferita aperta per le classi dirigenti del Mezzogiorno. Me ne sono reso conto seguendo il progetto della Banca popolare delle province calabre, di cui ho più volte parlato. La proposta del Governo intende sanare questa ferita. Non si vuole creare una nuova banca pubblica (non sarebbe possibile). Il ddl mette sul tavolo la copertura delle spese di progettazione e una parte minoritaria della dotazione patrimoniale della costituenda banca, da ritirare a decollo effettuato.
Di banche autoctone, al Sud, ne sono nate diverse negli ultimi anni. In prevalenza banche di credito cooperativo o popolari a proiezione regionale. Si sono mobilitati capitali privati. Il ciclo del credito positivo, e margini piuttosto comodi sulla raccolta e sugli impieghi (quelli sani), hanno creato un habitat favorevole a queste nuove iniziative. La Banca del Mezzogiorno intende, nella mia lettura, rilanciare su più ampia scala un modello simile. E' una sfida da non prendere alla leggera, che si gioca in un quadro economico in peggioramento. Perché l'esperimento riesca, occorre un'economia meridionale robusta, che non soffra la recessione più del resto del paese, come è accaduto negli anni novanta. Scommettere sulla Banca del Sud equivale a scommettere sul potenziale di crescita dell'economia del Mezzogiorno, che esiste sicuramente.
Un interrogativo, per stimolare il dibattito: chi sarà il soggetto imprenditoriale che traina questo progetto? C'è forse bisogno di una nuova generazione di banchieri e di imprenditori.

Luca

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