Al convegno sull'accountability dei confidi del 27 gennaio si è parlato anche del futuro del Fondo centrale di garanzia per le PMI. Gerardo Baione, del MiSE, ha fornito delle anticipazioni molto interessanti. Le riassumo in tre passaggi (1) sviluppo e risorse del Fondo; (2) nuovo modello di rating; (3) il nuovo Fondo PMI e i confidi.
1. Sviluppo e risorse del Fondo centrale di garanzia
I programmi futuri del Fondo puntano a uscire dalla gestione "emergenziale" cominciata nel dicembre 2008. Conosciamo bene i fatti succedutisi da allora: il Governo ha rilanciato il Fondo come veicolo di risk transfer e di sussidio al finanziamento delle PMI in crisi di liquidità (moratorie di nome o di fatto). Lo ha fatto con la garanzia di ultima istanza dello Stato, rifinanziandolo e aumentando le quote di copertura, soprattutto a favore della garanzia diretta, cioè delle banche, più potenti come canale distributivo e più bisognose di capital relief.
Per Baione, l'intervento straordinario del Fondo ha prodotto una crescita anomala, con volumi garantiti che salivano più velocemente del numero di operazioni e dell'erogato sottostante.
Questo ha comportato un fabbisogno crescente di fondi, che Baione proietta sul 2016-2018 basandosi sui volumi operativi del 2015.
Le risorse necessarie ci sono? Da dove saranno prese? Troviamo la risposta nella legge di stabilità 2016: proprio lì c'è la coda di uno stanziamento pluriennale iniziato dal decreto Salva Italia del 2011. La coda vale 704 milioni sul 2016. Sempre sul 2016 c'è la prima di tranche di un capitolo di spesa nuovo, un contenitore a servizio di vari programmi di garanzia statale. Questo "fondo dei fondi" di cui all'art. 37, comma 6, del DL 66/2014, riceve 350 milioni sul 2016, 1,5 miliardi sul 2017, 1,7 miliardi sul 2018 e 2 miliardi sul 2019. La prima tranche da 350 milioni copre appunto il fabbisogno residuo del Fondo PMI per il 2016 mostrato nel grafico, mentre le assegnazioni successive sono assorbite in larga parte dal fabbisogno stimato nello stesso grafico (1,2 miliardi nel 2017 e 1,4 miliardi nel 2018).
Tutto Ok, allora? Potenzialmente sì, poi dipenderà dalla crescita effettiva del fabbisogno del Fondo. Quest'ultimo potrebbe bruciare più fondi per sistemare i rischi pregressi, e potrebbe essere insidiato da programmi concorrenti. Si tornerà a proporre la cessione pro soluto dei crediti verso la PA garantiti dallo Stato (vedi fine di questo post)? Il GACS, vale a dire la garanzia statale sulle cartolarizzazioni di sofferenze remunerata "al mercato", sarà complementare o alternativa al Fondo Pmi? Di questo parlerò un'altra volta, per non farmi esplodere tra le mani questo post, nato con intenti rassicuranti.
2. Il nuovo modello di rating del Fondo PMI
Per far crescere a passo forzato gli interventi, il Fondo ha seguito criteri di selezione semplici e veloci, basati sul famoso modello di scoring MCC (spiegato in questo paper). Lo scoring automatico facilita l'accettazione delle pratiche classificate in Fascia 1 (grazie a bilanci esenti da criticità palesi).
Il modello di scoring attuale presenta due problemi:
- essendo basato su bilanci vecchi di almeno un anno, il filtro della Fascia 1 non intercetta le aziende in deterioramento, cioè quelle che hanno più bisogno della garanzia pubblica, ma che più probabilmente la faranno escutere andando presto in default;
- le banche fanno garantire tante aziende sane, bancabili anche senza l'intervento del Fondo, per beneficiare della ponderazione zero.
Inoltre, la classificazione per scoring meccanico è un driver impreciso degli accantonamenti per perdite attese e potenziali.
Ecco quindi la decisione di introdurre un nuovo sistema di rating per l'ammissione a garanzia. Si tratta di un progetto interno del Gestore del Fondo, che ha in organico un risk manager proveniente da un'agenzia di rating. Il nuovo sistema sarà qualcosa di molto simile ai sistemi di rating interno delle banche IRB, anche se i giudizi emessi non saranno validi ai fini di vigilanza (il Fondo non è un intermediario finanziario).
So che il progetto è a uno stadio molto avanzato e penso che a breve ne sarà resa pubblica la documentazione tecnica. Lo stesso relatore ha dato qualche informazione in più intervenendo a un recente evento Fedart.
Che vantaggi si aspetta il policy maker dal nuovo sistema di rating? Principalmente due:
- si allarga la platea delle imprese ammissibili, aggirando la ghigliottina delle soglie di accesso alle fasce 1 e 2 del vecchio scoring; si prevede di ammettere imprese con probabilità di default fino a un limite massimo del 9-10% (B- nella scala S&P); rientra in questa soglia il 90% delle PMI affidate dalle banche IRB italiane, per cui (se ci sono le altre condizioni) potrà crescere la percentuale di credito con garanzia FCG che attualmente è "soltanto" il 2,75% dei prestiti alle imprese (8% di quelli a imprese sotto i 20 addetti);
- si differenziano in funzione del rischio le percentuali di copertura e i coefficienti di accantonamento; in questo modo il MiSE, e le Regioni che hanno attivato sezioni speciali del Fondo da loro cofinanziate, potranno erogare garanzie a imprese (purché sane) a maggior rischio di razionamento, ma dovranno però supportarle con maggiori fondi accantonati, oppure ridurre la percentuale di copertura del rischio (non penso che aumenteranno le commissioni a carico delle imprese).
Come saranno determinati i coefficienti di rischio in base ai rating del nuovo modello? Il Fondo deve fare provisioning non soltanto sulle perdite attese, ma anche su quelle potenziali, dato che, a differenza di una banca, non ha un patrimonio. Sono aspetti sui quali (lo sappiamo) il Fondo non è tenuto alla disclosure richiesta alle banche, speriamo che con l'occasione la reportistica esterna diventi più ricca.
3. Il nuovo Fondo PMI e i confidi
La parte finale della relazione auspica il ritorno alla "neutralità" del Fondo PMI, dopo la fase emergenziale ricordata all'inizio. In pratica, questo significa che le percentuali di garanzia statale sull'erogato saranno pareggiate tra garanzia diretta e controgaranzia. Gli amici dei confidi presenti al convegno del 27 gennaio lo avranno molto apprezzato.
Tuttavia non basta la parità di coefficienti ad assicurare l'effettiva parità di condizioni concorrenziali tra banche e confidi nell'accesso al Fondo. Tutte le questioni di sostanza che hanno pesato e pesano sui confidi sono ancora lì da risolvere: il gap patrimoniale, il prezzo insostenibile della loro intermediazione (troppo basso per i confidi, troppo oneroso per le imprese), il dilemma tra essere confidi vigilati o minori.
Su quest'ultimo punto, nella relazione si auspica un modello di confidi «differenziato» da quello di un intermediario «di mercato». Il confidi «differenziato» necessita di una specifica disciplina di «vigilanza» basata sul principio di proporzionalità, come quella auspicata nel disegno di legge delega sulla riforma dei confidi.
Mi domando, usando parole de iure condito: i confidi minori ex art. 112 TUB (o quelli che ne prenderanno il posto con l'agognata riforma) saranno i benvenuti nel Fondo PMI del futuro?
Forse.
E sarà proprio il ruolo dei confidi minori il prossimo tema che riprenderò dal Convegno sull'accountability.
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