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mercoledì 6 luglio 2011

Maxi-bollo sui dossier titoli: Governo, ripensaci!

Mi prendo una pausa di ricreazione sulla manovra fiscale al centro del dibattito politico.
Uno dei piatti forti per rimpinguare le entrate è la pesante imposta di bollo sui depositi amministrati in titoli detenuti presso le banche: si parla di un balzello di 120 euro annui (portato a 150 euro dal 2013) per conti fino a 50.000 euro, e di 380 euro sopra quella soglia. Ho fatto due conti sull'incidenza che questa tassa avrebbe (dal 2013) sul rendimento di un titolo depositato, approssimativamente: l'imposta è sul valore nominale del titolo, quindi la sua incidenza sul reddito periodico aumenta al diminuire del livello dei rendimenti. Ecco i risultati ipotizzando l'imposta di 150 euro fino a 50.000 di deposito (sulle righe l'importo del deposito, sulle colonne il rendimento medio dei titoli):


Nota bene: si tratta di un prelievo che si aggiunge all'imposta sostitutiva sugli interessi e i proventi di titoli e fondi. L'azione sul bollo compenserebbe il mancato innalzamento dell'aliquota di imposta sostitutiva sui proventi dei titoli di Stato, che resterebbe al 12,5% a fronte di un 20% per le altre obbligazioni e le quote di fondi.
Noto però un pesante effetto regressivo: il piccolo risparmiatore che ha 10.000 euro di CcT sopporta con un rendimento del 3% un'incidenza pari a 12,5% + 50% = 62,5%. Come dire: i titoli non sono cosa per te.
Il punto di indifferenza rispetto alla nuova aliquota del 20% sarebbe per un portafoglio di 50.000 euro con rendimenti attorno al 4%: lì avremmo un incidenza di 12,5% + 7,5% = 20%. Se i tassi salissero l'incidenza di ridurrebbe. Se scendessero (o restassero, nel caso di BoT e CcT, sui livelli degli ultimi mesi) andremmo però anche per quella cifra su incidenze ben superiori.
Sopra i 50.000 euro c'è l'effetto scalino (l'onere passa da 150 a 380 euro) che va a tartassare gli sfortunati detentori di patrimoni "medi".
Cerco di cogliere una ratio da queste evidenze enigmatiche:

  • c'è da aumentare il gettito senza toccare i tabu (il risparmio degli italiani è sacro, lo Stato ha preso un impegno, le tasche degli italiani, ecc.).; quindi non si parla nemmeno di aumentare l'aliquota sui proventi dei titoli di Stato, altrimenti apriti cielo;
  • le banche hanno problemi di funding, anche per la concorrenza dei titoli del Tesoro che hanno seguito l'aumento del differenziale rispetto ai bund ma continuano (per fortuna) ad essere percepiti come sicuri; la parte più preziosa da difendere sono i core deposits di importo medio-piccolo; la manovra darebbe una mano a fare questo direttamente, riducendo la ritenuta sui depositi a breve (dal 27 al 20%) e, indirettamente, alzando i costi fissi dei dossier titoli; è un grosso aiuto alle banche a trattenere la raccolta diretta da clienti minori; non è un problema da poco, dato che incide sulla capacità di sviluppare i prestiti, è bene che sia affrontato; ma in questo modo si introduce un ulteriore sussidio sul costo della raccolta a carico dei depositanti che abbandonano i titoli troppo costosi da amministrare;
  • un colpettino se lo prendono le banche online che vivono di trading e risparmio gestito (non certo di impiego dei fondi raccolti a tassi fin troppo elevati); di solito sono la seconda (o la terza) banca per i clienti più smart; per chi ha poche decine di migliaia di titoli, lavorare con più di una banca diventa proibitivo; dovendo scegliere, è facile che si chiuda il rapporto con la banca virtuale e si tenga quello con l'agenzia dietro l'angolo;
  • chi vince con questa impostazione? I rentier che possiedono grossi importi di strumenti finanziari, i quali continuerebbero a beneficiare di una tassazione non progressiva ad un'aliquota di assoluto vantaggio (il 12,5%); del resto sono loro i soggetti con più alta "elasticità della domanda rispetto al tasso", e una tassazione più elevata potrebbe indurli a spostare gli investimenti su forme fiscalmente più vantaggiose, che non mancherebbero di essere "pianificate" dall'esercito di consulenti e private banker che non aspetta altro; dubito che queste soluzioni possano essere efficaci e legittime, ma sarebbe più facile venderle.
Confezionare una manovra fiscale in tempi difficili come i nostri è un classico lavoro da bastone e carota. L'imposta più equa è, ahimè, quella più facile da riconoscere, contrastare e da evadere. Il balzello à forfait, per quanto odioso, si sopporta come un mal di denti, con spirito di rassegnazione.
Però a tutto c'è un limite: già gli scudi fiscali hanno favorito i grandi evasori/esportatori di capitali, ma qui si mettono le mani nelle tasche dei piccoli risparmiatori che non hanno nessuna macchia sulla coscienza.
La nuova imposta, così congegnata, produrrebbe impatti rilevanti sulle politiche di raccolta delle banche. Diventerebbe fiscalmente vantaggioso spostare l'investimento in titoli sulle banche e farlo finanziare dalla clientela con depositi. Le banche devono tra l'altro prepararsi ai liquidity ratio di Basilea 3, che implicano rapporti impieghi/depositi più bassi e buffer di tesoreria più robusti. C'è però un rischio nascosto nella concorrenza per attrarre depositi: le banche potrebbero caricarsi di rischi di mercato e di credito, se vanno a recuperare i costi di provvista scegliendo titoli con rendimenti più alti, ma rating scadente e volatile. Le proposte di marketing che partono da un arbitraggio fiscale sono inevitabilmente, opache, superficiali, possono portare la clientela e le banche in acque pericolose. Non sono sicuro al 100% che la rete di sicurezza di Basilea 2 (che tende a 3) possa arginare politiche scervellate. Senza dimenticare che i depositi hanno la garanzia del Fondo interbancario e dello Stato, che è apparentemente gratis per le banche che la girano ai clienti (lo è per le banche che poi falliscono).

Ricapitolando: se proprio serve una fonte di gettito che non sia l'aumento della tassazione di BoT e BTp né una patrimoniale, ma fa un lavoro simile, teniamoci la nuova imposta di bollo, ma cerchiamo di rimodularla in modo che non abbia scandalosi effetti regressivi. Riguardo alle banche, facciamo una riflessione più profonda sui problemi di stabilità e costo della raccolta, ed evitiamo di dare alimento a politiche miopi.
Alzando lo sguardo, rendiamoci conto che oggi non esiste un solo problema che possa essere affrontato con un minimo di razionalità e collaborazione senza porre esplicitamente un principio di valore generale: come altri paesi, corriamo pericoli gravi, e li possiamo prevenire soltanto se ne parliamo chiaramente, pensando al bene di tutti, condividendo dei sacrifici. Per essere chiari, non è più tempo di tabu in materia fiscale. Non solo in Italia. Come non tolleriamo in treno un passeggero che fuma il sigaro, o che maltratta un bambino, così non dobbiamo giustificare chi si arrangia per non pagare le tasse, a cominciare da chi lo fa scientificamente, con la consulenza di apprezzati professionisti. Facciamo pagare di meno, il giusto, alle imprese che pensano prima di tutto a crescere e ci rischiano i loro soldi. Come riconoscerle? Dal fatto che prediligono la semplicità degli assetti societari e la solidità della struttura finanziaria. Lo dico con ingenuità, convinto di non ripetere uno slogan trito e ritrito sulla lotta all'evasione. La situazione di oggi fa venire la nausea.
Nel 1992 Giuliano Amato, varando la maximanovra da 93 mila miliardi in piena bufera valutaria, diceva a Ciampi:"Vede governatore, in Italia le misure si riescono a prendere solo quando il soffitto è crollato" (lo riferiva Piero Barucci nel suo memoriale su quegli anni tremendi).
Il soffitto è crollato in Grecia, sta crollando in Portogallo. Traballa in altri paesi.
In Italia è solido. E' un dono della Provvidenza, non diamolo per scontato, non sprechiamolo.
Il soffitto regge una soffitta strapiena di robaccia pesante e inutile.
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7 commenti:

Dario Boilini ha detto...

Quella della tassazione delle rendite finanziarie è un storia fin troppo lunga.
A prima vista il tasso del 12.50% applicato è troppo basso.
Ma la realtà è complessa:
L'imposta può essere a titolo definitivo o di acconto
L'imposta può essere riferita a titoli di stato o ad utili già tassati al 27.50% (ne risulta una tassazione del 36.5% complessiva).
Bisognerebbe forse "sparigliare" la situazione, cambiando completamente approccio, per evitare di gravare sempre sui soliti noti.
Come avverrebbe con il provvedimento analizzato.
Intanto forse si potrebbe tornare ad una imposta di bollo sui passaggi di proprietà dei titoli (tipo il vecchio fissato bollato), che non dovrebbe essere neanche troppo complessa da applicare in un mondo di transazioni tutte telematiche.
Il vantaggio sarebbe di tassare di più chi fa molte operazioni che sono indice di attività speculativa.

Gigi ha detto...

Lucida analisi che condivido in pieno. Tremonti si dimostra ancora una volta un tributarista di provincia e non dà modo di dimostrare minime competenze economiche. A tenere chiusa la borsa (cosa non facile comunque) bastava un ministro qualunque solo un po' testardo. Per fare una politica economica e finanziaria servono neuroni che al momento scarseggiano, o in altre faccende affacendati.

Anonimo ha detto...

Gigi: non è un problema di neuroni mancanti, è la vittoria del cinismo e della sfiducia. Occorre un movimento dal basso per convincere i politici a essere meno cinici e più coraggiosi, quindi intelligenti rispetto alla realtà.

Anonimo ha detto...

@Dario: stai parlando forse dell'imposta sui dividendi applicata agli azionisti non qualificati che produce il 12,5% + 27,5%. Quello è un altro discorso che riguarda il reddito di impresa distribuito, lì si dovrebbe confrontare con la tassazione di un'impresa individuale o di una società di persone, che è progressiva.
Riguardo al fissato bollato, concordo con Trichet, per il quale non si può introdurre la Tobin tax in un paese o un in un'area valutaria senza far migrare tutto il trading altrove.

Dario Boilini ha detto...

Parlavo anche di quello e, attenzione, produce quella tassazione solo per chi è soggetto a ritenuta a titolo di imposta.

Gigi ha detto...

Basilea 4 potrebbe prevedere una tassazione minima standard 0.xxx% sul transato destinata ad un fondo di garanzia interbancaria su base nazionale (Tobin tax reloaded?). Impossibile?

Claudio ha detto...

Grazie per le informazioni di notevole valore. Sul fatto che occorra un movimento dal basso spero che presto si alzi un vento nuovo, dove anche l'inesperienza possa giocare un ruolo importante! Serve strategia e senso di responsabilita'!