Merita una ripresa questo giudizio di Oscar Giannino uscito sul settimanale Tempi la scorsa settimana:
Certi giorni mi chiedo se questa crisi economica non stia esercitando un singolare effetto. Quello di una sorta di mitridatizzazione della società italiana. È come se vivessimo un crescente paradosso. I media della carta stampata sono abbastanza attenti – almeno in relazione allo standard italiano, abitualmente distratto – al grande dibattito che ferve nel mondo intorno a come Stati Uniti e Cina usciranno e quando dalla crisi, a che condizioni per il loro bilancio pubblico, per il risparmio privato e per le grandi ristrutturazioni d’impresa. Ma che ci sia un dibattito paragonabile sull’effetto che la crisi globale rischia di esercitare sull’economia e sulla società italiane, questo direi proprio di no. La dialettica muscolare e fuori tono della politica italiana, infatti, è riuscita a incamerare il confronto tra due linee contrapposte. La prima, dall’opposizione, afferma che il governo non si dà per inteso della crisi, non fa abbastanza e minimizza. La seconda, da parte del governo e della maggioranza, replica che l’Italia per debito aggregato complessivo, pubblico e privato, sta messa meglio di paesi sino a pochi mesi fa considerati virtuosi, dunque il catastrofismo dell’opposizione è sbagliato nel merito e due volte sbagliato perché rischia di ingenerare sfiducia.Giannino torna sul tema nell'ultimo numero di Tempi:
Purtroppo l’effetto combinato delle due linee contrapposte è quello di una grande difficoltà a mettere sul serio a fuoco che cosa stiamo rischiando, e che cosa si potrebbe o si dovrebbe fare, a seconda dei diversi punti di vista. Va bene che perdere cinque punti di Pil quest’anno può essere considerata un’amara conseguenza di una crisi della quale la responsabilità non è italiana. Ma è da irresponsabili non tenere conto che, di solito, dai grandi rallentamenti noi come Italia abbiamo la tendenza da qualche decennio a uscire dopo gli altri paesi concorrenti, e a ritmi di crescita significativamente assai meno elevati.
Quest’anno ci avviamo a perdere intorno a 5 punti di Pil. Per le caratteristiche del sistema produttivo italiano e dei suoi gap di produttività accumulati nel tempo rispetto alle economie concorrenti, l’effetto di trascinamento, se restiamo con le mani in mano, sarà molto pesante. Significa che anche quando gli altri “grandi” ripartiranno, noi rischiamo di restare a curva della crescita piatta o poco più. Terzo: a rimanere vittima della morìa d’imprese prevedibile, c’è un’elevata probabilità che siano non solo aziende deboli, che per errore di calcolo o cronica insufficienza di capitali campavano su margini di centesimo per pezzo lavorato e venduto, ma imprese che avevano capito benissimo la necessità di internazionalizzarsi e di salire nella catena del valore aggiunto, e proprio per questo avevano investito e si erano indebitate. Questo terzo fattore è il più pericoloso.Vedo i mali denunciati da Giannino, inerzia e rituali bisticci, anche nel mondo che ruota attorno alla finanza delle PMI. Non soltanto i politici, ma anche i portavoce delle imprese, delle banche, le agenzie pubbliche, consumano mesi preziosi a darsi la colpa di quello che si dovrebbe fare e non si fa. I rimedi messi in campo sono quelli del passato (più la garanzia statale sul Fondo Pmi), funzionano in un mondo di default contenuti.
[...] Il problema non è quello di accrescere la spesa pubblica. Bensì quello di dove concentrare, e in che unità di tempo, le rotture di continuità rispetto alla bassa crescita italiana che ci trascinavamo dietro da quasi un decennio. Quando Emma Marcegaglia ha scandito nel tempo i suoi richiami, al governo e alle classi dirigenti tutte, dicendo prima «usate il consenso per le riforme», poi «fatelo in cento giorni», e infine «non ci saranno esami di riparazione», mi è sembrato assolvesse a una funzione di utilità generale, non che parlasse solo a nome di tante aziende che rischiano di perire.
La situazione finora regge, all'apparenza. Ma quanti stanno guardando in faccia le minacce che incombono? Giannino ha ragione: le imprese che formano l'ossatura della nostra economia rischiano grosso. Dovrebbero prendere iniziativa in prima persona, raccordarsi, censire i problemi, fare proposte. Chi le rappresenta fa quello che può, ma non basta.
Luca
5 commenti:
Ho dato un'occhiata ai bilanci di qualche Confidi. Che Dio ci aiuti!
Sapio, qui ci vuole una task force che si occupi a 360' di problemi finanziari delle imprese (compresi quelli assorbiti dai confidi), e lo faccia a tempo pieno per qualche mese. E' necessario per rendersi conto dei problemi e fare ordine nelle azioni e negli aiuti, e per lanciare le innovazioni di piattaforma. Deve rappresentare tutti gli stakeholder, ma non deve essere il solito circolo Picwick, occorre che ci siano competenze toste di tipo finanziario, giuridico, informatico.
Ho paura che senza di questo si andrà avanti per qualche mese a mettere polvere sotto il tappeto e dispensare aiuti a pioggia con il pretesto di dare una chance alle imprese, poi alla fine qualcuno solleverà il lembo. Rischiamo la ritirata di Russia del 1943, senza strategia, potenza di fuoco, logistica, spirito di corpo (alpini esclusi).
Rimango a tua disposizione, sai quello che so fare. Sono costernato per quello che vedo.
Si tratta ovviamente di un'iniziativa che deve partire nelle sedi ufficiali. Il comitato di gestione del Fondo Pmi, e il Dipartimento del MiSE con cui interagisce a livello governativo, potrebbero essere i soci fondatori di questa task force. Occorre però che gli interessati ultimi (le imprese, le banche, i confidi e chi le rappresenta) diano un appoggio energico e immediato all'iniziativa.
Un'ulteriore precisazione: la task force non deve essere soltanto un'unità di crisi, ma anche un punto di progettazione di innovazioni strutturali che aiutino lo sviluppo delle imprese e degli intermediari che in crisi non sono.
Mi è giunta voce che Banca d'Italia stia per pubblicare (prima dell'estate) una comunicazione che farà chiarezza sull'eleggibilità a fini di Vigilanza prudenziale delle garanzie controgarantite dal Fondo. In effetti il supporto regolamentare attuale (circolari interne del soggetto gestore) non è granitico.
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