Amici, lascio soltanto due parole di saluto in una settimana riempita dall'avvio dei due corsi tradizionali (finanza sulle lauree di primo livello) e dai preparativi del laboratorio di pianificazione finanziaria, il corso monstre che parte in ottobre.
Seguo la stampa, e si discute di temi che ci accompagneranno per molto tempo: Basilea 3, il dilemma su Scilla e Cariddi (inflazione e deflazione). Rispetto ai temi finanziari, cresce lo spazio delle crisi aziendali e occupazionali, ahimè. Sull'attualità, mi dispiace molto delle dimissioni di Alessandro Profumo. Mi spiace per le qualità rare della persona. Non ho sempre condiviso le scelte di Unicredit, quelle strategiche e soprattutto quelle commerciali della prima ondata (le tre banche di segmento), ma ho apprezzato la freschezza di visione, l'onestà di ammettere gli errori e cambiare rotta, il coraggio, la capacità di lanciare i giovani. E naturalmente l'essere un outsider rispetto ai centri decisionali interconnessi della finanza e della politica, che non è estraneo al suo allontanamento.
Le banche rimangono un tesoro molto ambito per chi sta sul ponte di comando, e intende allargarsi un po'. La privatizzazione sui generis uscita dalla legge Amato, basata sulle grandi fondazioni bancarie, ha forse completato il suo ciclo di vita. Tornerà a pesare di più la politica? O ha sempre pesato anche negli ultimi 25 anni? Siamo un paese tanto piccolo, è facile che le strade dei vari interessi si incrocino, e ci sia qualche scossa di assestamento, per fortuna non distruttiva.
Di salotti capisco poco, mi annoiano. Aspetto che si rimetta in movimento il "nostro" mondo, e spero che ci sia presto qualcosa di nuovo e positivo da raccontare.
Luca
3 commenti:
E' grave quello che è successo in Unicredit, soprattutto per la mancanza di una strategia chiara.
Con dei pretesti si è allontanato un amministratore veramente indipendente dalla politica (nonostante le simpatie, mai nascoste) per sacrificarlo ai piccoli ma forti interessi delle fondazioni (espressione degli enti locali) che a distanza di 20 anni dalla legge Amato - Ciampi, ancora pretendono di essere protagoniste dentro la gestione delle banche, cosa che non è contemplata nel nostro ordinamento, nonostante i proclami di Bossi (riprendiamoci le banche!).
La politica localistica di basso profilo ha vinto sugli interessi di una grande banca e di tutto il sistema economico italiano (una banca mal governata, e proprio dagli azionisti, non puo' servire al meglio i suoi clienti). Ancora una volta i campanili hanno vinto sulla razionalità.
L'Italia ha perso un'altra occasione per dimostrare di essere qualcosa di più di una mera espressione geografica (non a caso, le fondazioni hanno utilizzato lo straniero pur di fare i propri meschini interessi).
Diceva Bismarck: le banche sono troppo importanti per lasciarle in mano ai banchieri. Forse hanno vinto quelli che la pensano così.
Speriamo che i politici di varia provenienza e cabotaggio non combinino guai peggiori dei banchieri ad alta leva.
Anche i politici possono seguire varie scuole di pensiero. La posizione "no-global finance", attribuita a Tremonti, porta a maggiori interventi del pubblico nelle banche. Può essere usata a fin di bene (pensiamo a cosa è stato l'IMI per il finanziamento dell'industria, prima dei disastri tipo SIR).
Speriamo che i nuovi zar del credito siano persone di mente vigorosa e braccio inflessibile, perché c'è molto da studiare, tenendo a debita distanza gli incompetenti e gli ingordi.
Speriamo....(del resto la speranza è l'ultima a morire).
Posta un commento