Da diversi giorni, i risultati sensazionali delle elezioni amministrative e dei referendum lasciano in ombra i "nostri" temi. Penso che una parte dei visitatori di aleablog sia euforica per l'esito delle consultazioni. Per altri, come nel mio caso, domina il senso di incertezza e di timore per quello che succederà di qui in avanti.
Il voto punisce il Governo, non c'è il minimo dubbio. La crisi presenta il conto, e la leadership è indebolita per i noti motivi. Ma pesa anche, se non di più, la mancanza di una politica economica formulata chiaramente ed attuata con coerenza e realismo. Una politica che non può fare promesse mirabolanti: è già molto aver tamponato la crisi con gli ammortizzatori sociali (compreso il credito) senza far saltare il bilancio dello Stato. Le risorse pubbliche possono essere soltanto redistribuite o spese meglio, non ce ne sono di aggiuntive. Soltanto il sistema delle imprese può creare ricchezza, e in alcuni settori ha ripreso a farlo. Sappiamo bene però quanti imprenditori e professionisti siano ancora in affanno, e ci dobbiamo aspettare situazioni di crisi in numero incerto, e più facilmente in aumento, ahimè. Per non parlare delle finanze degli enti pubblici, che sostenevano l'economia di molti territori e adesso ci gravano sopra con i tagli alla spesa e prelievi fiscali extra.
Ho molta paura che per reagire agli insuccessi elettorali, la maggioranza si concentri su qualche azione clamorosa, simbolica. La potremmo pagare in deficit, prontamente sanzionati dalle agenzie di rating e dai mercati dei CDS, e allora il costo del debito e il deficit andrebbero fuori controllo. Peggio ancora, potrebbe essere un'operazione di facciata, con fondi sottratti ad altri capitoli (in maniera più o meno furtiva). Una riedizione del taglio dell'ICI sulla prima casa, con la quale il Governo ha esordito in questa legislatura. Non siamo un popolo di sprovveduti, sappiamo fare i conti. Un programma di sacrifici sensati oggi potrebbe pagare di più degli esperimenti di fiscalità creativa, anche alla prova del voto.
Possiamo aspettarci la soluzione da un avvicendamento di maggioranza? E' veramente un enigma. I volti nuovi che hanno portato al successo nelle amministrative e nel referendum sono portatori di visioni politiche variegate. Penso però che nel centro-sinistra abbia preso forza, e non solo mediaticamente, la posizione statalista, anti-liberista, decorata da alte visioni etiche, sociali, ambientali. La gente ha paura della crisi che non passa, chi può aiutare, subito, se non lo Stato? E alla fine le politiche nuove potrebbero ridursi a quello, più spesa con più tasse scaricate sulle constituencies vicine agli avversari politici (altro film già visto).
L'opposizione, nelle sue varie componenti, ha intercettato la voglia di cambiare di molti, prima di tutto dei giovani. Come nel '68, c'è il rischio che questa istanza sana e positiva sia egemonizzata in maniera riduttiva, irresponsabile, prevaricatrice.
Qualunque azione politica, di partiti e movimenti, schieramenti contrapposti o coalizioni allargate, deve partire da questo desiderio di cambiamento. Prenderlo sul serio, e fare una proposta seria a chi ne è portatore. C'è da recuperare un sacco di tempo perduto, di lavoro non fatto. Un lavoro di analisi rigorosa, non ideologica dei problemi, per capire dove puntare, e quali sacrifici vale la pena accettare. E un lavoro minuto, instancabile, di risposta ai bisogni particolari, personali (le imprese che chiudono!), troppo a lungo trascurati dalla politica o affrontati in maniera generica e impersonale. Per fortuna ci sono tante persone che continuano a muoversi, che non mollano. Le famose riforme strutturali, a costo zero, possono andare avanti soltanto così.
E' un lavoro che può partire subito, dipende dalla responsabilità dei singoli, e dalla loro capacità di mettersi in contatto, in ascolto, di allearsi per costruire. Può col tempo dar vita a nuovi soggetti di rappresentanza politica e non, così come può rigenerare dall'interno i soggetti che già ci sono, nell'uno e nell'altro schieramento. Ma non nasce per questo, anzi, non aspetta miracoli dalla politica, sa che non li può fare.
A me piacerebbe fare un piccolo pezzetto di questo lavoro partendo dalle cose di cui ci occupiamo qui. All'inizio del 2011, ho espresso una voglia di cambiamento con accenti quasi rivoluzionari. L'intuizione era giusta. Con questo spirito, continuo a ragionare e a scrivere di credito, finanza, piccole imprese, anche se è meno gratificante.
Il problema è un altro? No, i problemi sono questi, da qui occorre partire. Chiedo il coraggio e l'energia per affermarlo e testimoniarlo. Comunque vadano le cose.
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