Dal Block-notes del Consorzio camerale credito e finanza (che troverete qui) apprendo della consultazione avviata dalla Commissione europea sulle linee guida sulla disciplina degli aiuti di stato per il risanamento delle imprese in temporanea difficoltà. Qui il comunicato stampa (in inglese), qui la bozza delle linee guida e le note esplicative (in tutte le lingue dell'Unione).
Con questa azione la Commissione si dispone ad ammettere un'eccezione di rilievo rispetto al divieto comunitario degli aiuti alle imprese in crisi, in tempi normali pesantemente distorsivi della concorrenza nel mercato unico. Dopo 5 anni di recessione, per le imprese è diventato purtroppo normale sopravvivere pericolosamente. E il non aiuto alle imprese in difficoltà potrebbe avere effetti drammatici a livello macroeconomico e sociale.
La materia rimane comunque ostica e variegata. La Commissione chiede aiuto a chiarire i seguenti aspetti, che dovrebbero qualificare gli aiuti "buoni" alle imprese in difficoltà:
Con questa azione la Commissione si dispone ad ammettere un'eccezione di rilievo rispetto al divieto comunitario degli aiuti alle imprese in crisi, in tempi normali pesantemente distorsivi della concorrenza nel mercato unico. Dopo 5 anni di recessione, per le imprese è diventato purtroppo normale sopravvivere pericolosamente. E il non aiuto alle imprese in difficoltà potrebbe avere effetti drammatici a livello macroeconomico e sociale.
La materia rimane comunque ostica e variegata. La Commissione chiede aiuto a chiarire i seguenti aspetti, che dovrebbero qualificare gli aiuti "buoni" alle imprese in difficoltà:
- un nuovo concetto di aiuto temporaneo alla ristrutturazione rispetto a cui ammettere programmi di finanziamento ad hoc purché non distorsivi della concorrenza; aiuti del genere dovrebbero basarsi su prestiti e garanzie ed essere limitati alle Pmi;
- filtri più efficaci per assicurare che l'aiuto pubblico sia indirizzato ai casi nei quali è davvero necessario, soprattutto per il suo ritorno occupazionale e di benessere sociale sul territorio;
- la condivisione dell'onere da parte delle imprese in crisi: gli investitori devono accollarsi un'equa porzione dei costi della ristrutturazione, per evitare che i costi a perdere cadano sulle banche e sui contribuenti.
Sapete che la gestione delle crisi mi affascina da tempo (le ultime riflessioni le ho scritte in questa nota l'aprile scorso). Ci sto tornando a studiare (su questo libro, un po' caro ma molto efficace). Ho dato la mia disponibilità per un progettino pilota con l'Associazione artigiani di Trento, al fine di assistere e soprattutto coordinare le imprese associate coinvolte come fornitori / creditori nei concordati. In Italia, i concordati, nella versione "in bianco", sono un ottimo esempio di via dell'inferno, per i creditori deboli, lastricata di buone intenzioni verso i debitori in crisi in odore di "continuità aziendale", che poi se ne approfittano; leggete l'analisi fatta dal giudice Lamanna in questo articolo.
Le buone pratiche per le crisi di impresa sono un tema più pratico che teorico: le cose si fanno meglio se si vuole farle meglio. I giudizi di merito si possono fare soltanto sul campo, guardando in faccia le situazioni e le persone che ci si barcamenano, e decidono cosa fare per uscirne.
Per fare bene le cose, come quando si affronta il guasto di un impianto, un alluvione, una malattia, è cruciale la presenza di esperti ben intenzionati, qui rappresentati dagli advisor di parte, dai giudici delegati e dai professionisti da essi incaricati (commissari giudiziali e curatori). Le regole e le prassi oggi complicano molto il lavoro dei secondi e dei terzi, dando ai primi molte occasioni di lavoro legale, ma moralmente molto discutibile. In questo quadro gli aiuti finiscono facilmente nelle tasche di un soggetto più fortunato o abile degli altri, ma comunque non salvano l'impresa.
Questo bisognerebbe scrivere alla Commissione. Se qualche associazione di categoria ha intenzione di inviare un documento per la consultazione, e ha idee o esperienze interessanti sulle quali cerca un parere indipendente, perché non mi chiama?
1 commento:
Questa si che è una buona notizia !
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