Oggi ho scaricato un report di Fitch sull'andamento dei rating nel comparto delle SME-CDO seguite da questa agenzia.
I due comparti leader sono quelli ben noti (le cartolarizzazioni cash spagnole, e le sintetiche tedesche). L'Italia figura con le due operazioni promosse dal gruppo Unicredito (PMI Uno e Due, entrambe del 2004).
Un comparto relativamente nuovo è quello delle Capital Market CDO. Si tratta di cartolarizzazioni cash di finanziamenti concessi a medie imprese con rischio più elevato rispetto alle classiche SME-CDO: prestiti mezzanini con accordi di partecipazione agli utili, debito subordinato, oppure prestiti senior unsecured. Anche il grado di concentrazione di questi portafogli è maggiore, e si contano di norma meno di 100 nominativi, contro il migliaio presente nei deal spagnoli. I finanziamenti sono quasi immediatamente passati, dopo l'erogazione, ad una SPV (non restano a lungo sul bilancio della banca, di qui il nome).
Se volete un esempio, ecco il programma PREPS messo a punto dal Capital Efficiency Group (società di consulenza svizzera specializzata in finanza strutturata), e sperimentato con varie transazioni da Hypovereinsbank. E' previsto il rating di ogni singola impresa basato sul modello RiskCalc di Moody's|KMV, con un processo di valutazione più leggero di un corporate rating, ma più complesso del semplice scoring su indici di bilancio che le agenzie applicano ai prestiti alle Pmi.
Perché il tema mi interessa? Oltre che per la novità, perché noto un interesse particolare dei policy maker regionali per queste forme ibride di finanziamento. Per promuoverle, si possono seguire due strade: (A) creare strutture ad hoc, come le capital market CDO, oppure (B) inserire una percentuale limitata di questi asset in cartolarizzazioni di prestiti standard (mutui chirografari e simili). La soluzione (A) pone il problema di originare una quantità adeguata di finanziamenti, il che è difficilissimo su scala regionale (tant'è che il citato programma PREPS ha negli anni esteso la copertura geografica dei portafogli dalla sola Germania a otto paesi europei); la soluzione (B) crea un pool ibrido, che perde molti dei vantaggi di un portafoglio Pmi dovendo accogliere una porzione di asset di importo unitario maggiore e con rischio più accentuato. Come un'insalata con aggiunta di cipolla cruda: è più saporita, ma per molti indigesta.
Il comparto delle Mezzanine CDO tedesche ha già dato qualche pensiero agli investitori. Si sono avuti sei casi di default tra le imprese finanziate, e uno di questi (Nici AG, del marzo 2006) ha colpito quattro deal. Il rischio di concentrazione si è palesato nella sua pericolosità, anche per effetto delle LGD più alte che si rilevano su debiti subordinati.
In definitiva, penso che si tratti di un mercato interessante, che può crescere anche in Italia. Penso però che sia meglio dare priorità al consolidamento delle operazioni su pool Pmi a minor rischio, che possono basarsi su una domanda molto, molto più ampia, e su piattaforme semplici e collaudate.
Luca
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