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venerdì 21 settembre 2007

Il rischio di liquidità: lo conosci, ma non puoi evitarlo



La corsa agli sportelli della Northern Rock, quinta banca per la casa del Regno Unito, è stata uno shock per tutti. Scene del genere non si vedevano dal 1866. L'Economist di questa settimana ne parla in due articoli, uno sulle cause interne alla banca e l'altro sulle responsabilità della Bank of England.
Sotto accusa è la politica di raccolta "estrema" della Northern Rock, che seguiva lo sviluppo esplosivo dei mutui con funding sul mercato della commercial paper e dei depositi interbancari, per poi cartolarizzare. Questo modello di business produce un gap strutturale di raccolta diretta. Può reggere in condizioni di liquidità abbondante, anzi fa guadagnare un sacco di margine di interesse. L'allarme è scattato dopo la crisi dei subprime, quando la sfiducia reciproca tra banche ha prosciugato l'offerta sull'interbancario e ha fatto scappare molti investitori in asset backed commercial paper emesse da veicoli di investimento speculativo. Per far rientrare il panico, il cancelliere dello scacchiere, Alistair Darling, ha dovuto spendere la garanzia del governo, e la Bank of England ha fatto robuste iniezioni di liquidità nel sistema, come nelle scorse settimane avevano fatto la Fed e la Bce.
Il paradosso è che i due organi di controllo britannici, la banca centrale e la FSA (organo di vigilanza sull'intero sistema finanziario) avevano da mesi lanciato avvertimenti sul funding gap della Northern. Nessuno era però intervenuto d'imperio perché il focolaio stava sul crinale tra le sfere di competenza dei due organi: la banca era sì esposta ad un rischio di liquidità, ma presentava per il resto buoni parametri di stabilità finanziaria (equilibrio di repricing dei tassi e ampia dotazione patrimoniale).
Il rischio di liquidità sistemico sfugge ai controlli prudenziali: storicamente è stato compito delle banche centrali prevenirlo con le leve del controllo monetario. Oggi vige una netta separazione di compiti che limita la politica monetaria alla regolazione del binomio inflazione/crescita, e lascia che siano i dispositivi prudenziali a ostacolare la formazione di portafogli squilibrati, imponendo un patrimonio minimo adeguato rispetto alle perdite potenziali. Quando la crisi è di natura sistemica, con i mercati che corrono a vendere a prezzi in picchiata, il cuscinetto patrimoniale si consuma in fretta e non basta più a infondere sicurezza. Ecco allora che la patata bollente torna alle banche centrali, costrette ad intervenire (molti operatori che si erano spinti su posizioni estreme si salvano così, ed è un invito a rifarlo nel prossimo ciclo espansivo).
Sui limiti dei modelli VaR in caso di crisi avevo scritto questo paper nel 1999. Penso che negli ultimi anni abbiamo studiato troppa finanza quantitativa e poca storia monetaria. Nel programma dei corsi di Economia degli intermediari finanziari è stato aggiunto molto su VaR e Basilea 2, ma è quasi scomparso il capitolo sulla gestione della liquidità e della tesoreria delle banche, e sui nessi tra gestione bancaria e politica monetaria: la politica estrema della Northern Rock non è altro che l'approccio del liability management che ha rivoluzionato la tesoreria delle banche USA negli anni 60 dopo lo sviluppo del mercato monetario. Non sarebbe il caso di tornare a parlare ai giovani di queste cose?
Sulla prova di stress a cui è sottoposto il sistema finanziario post-disintermediazione potete leggere questo paper di Moody's.
Luca

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