Che amarezza per la vicenda del mancato intervento del Papa alla Sapienza di Roma! Quello che mi sommuove non sono tanto le critiche pretestuose al Papa dei 67 docenti di fisica, né la sciatteria della reazione di qualche decina di studenti ("gli" studenti della Sapienza, nei titoli di alcuni quotidiani). Mi preoccupa la mancanza di giudizio, dei commentatori che si dichiarano sconcertati, ma che non hanno il coraggio di denunciare l'assurdità dell'argomento sollevato dai contestatori, secondo il quale l'esperienza religiosa non c'entra con la scienza, con la ragione.
Per molti paladini della tolleranza e della libertà di espressione questa è la posizione di default, che si dà per scontata. Chi compie un'esperienza religiosa può comunicarla (ne ha il diritto), ma non trarne spunto per discutere pubblicamente sui temi in cui entrano in gioco questioni come il valore e il significato della vita, i fondamenti della convivenza sociale, la verità. Un certo pensiero laico non è disponibile a confrontarsi su ragioni ed esperienze che giudica parziali, non verificabili, fonte di divisione, delle quali non vale la pena parlare, non si può, non si deve.
Le divisioni più laceranti, come si è visto da questo incidente della Sapienza, nascono dalla censura aprioristica di un fatto: le esigenze di verità, di bellezza, di bene, di giustizia sono costitutive della personalità umana, e soltanto la ricerca, magari inconsapevole, di una risposta a queste esigenze dona alla vita significato e genera una tensione positiva verso la realtà. Un uomo che si impegni seriamente con la sua condizione, lieta o dolorosa, non può evitare di porsi ogni giorno le domande sul proprio destino ultimo, misterioso. E' assurdo che proprio nell'Università siano censurate. L'Università dovrebbe essere il luogo dell'apertura della ragione al reale, che in quanto tale si assume anche la responsabilità di accompagnare i giovani nell'ultimo tratto del loro percorso di educazione.
Il disimpegno dalla realtà, e il disinteresse per l'educazione, che nascono dalla censura delle domande ultime sono il vero dramma del nostro paese, lo affermo io che non sono un filosofo o un pedagogista, ma che lavoro tra i giovani e mi occupo dei temi per nulla metafisici che ben conoscete, gentili visitatori. Certi giorni il giudizio è chiaro e i confidi e il bilancio in formato elettronico sono un invito a giocarsi nella realtà, bello e maestoso come una sonata di Beethoven. Altri giorni la distrazione e la fatica prevalgono e tutto si complica, mi domando "Ne vale la pena? Non cambia nulla. Che cosa ci guadagno?" (sono i giorni in cui difficilmente scrivo sul blog). Per gli emeriti che hanno polemizzato con l'invito al Papa questi sbalzi d'umore sono risposte neurologiche a situazioni ambientali in cambiamento. Per me c'è in gioco qualcosa di più grande, quando me ne accorgo la giornata fa un salto di qualità. Sono sicuro che il Paese starebbe meglio e si potrebbero sbloccare molti problemi se più persone andassero incontro alla realtà tenendo vivo il desiderio di significato.
Siamo fatti di questo desiderio insopprimibile. Il Papa è la guida di una comunità di persone, piene di limiti, indegni testimoni di un avvenimento che li ha raggiunti, facendo loro sperimentare una risposta positiva capace di rendere la vita più umana. Può essere di scandalo, ma era e rimane un fatto, il fatto più interessante che sia mai capitato.
Non è da scienziati chiedere di tacerne, fingendo che non sia mai accaduto.
Luca
PS: Trovate qui , anche sul sito di un quotidiano non papista, il testo del discorso che Benedetto XVI avrebbe pronunciato all'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza. Giudicate voi.
1 commento:
Caro Luca,
ho letto solo oggi questo tuo splendido articolo che sottoscrivo parola per parola.
Con stima.
Claudio
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