Il ricorso impugnava il punto relativo ai soggetti ammissibili (confidi affiliati ad associazioni riconosciute dal CNEL oppure con sede in provincia di Bergamo oppure con almeno il 10% dell'operatività totale svolto in quel territorio). Inoltre si contestava la determinazione con la quale Eurofidi risulta assegnatario, ma con riserva, di un importo di 276mila di euro, corrispondente a più di un quarto del totale del finanziamento (1 milione di euro). Si tratta dell’importo maggiore tra tutti i confidi partecipanti al bando, essendo Eurofidi nel mercato bergamasco della garanzia primo per consistenze al 31/12/2009 e secondo per volumi erogati nel 2009. Però non essendo affiliato ad associazioni riconosciute dal CNEL, né specializzato localmente, non rispetta i requisiti soggettivi del bando.
Come illegittimo beneficiario dei provvedimenti impugnati è indicato Italia ComFidi, altro confidi partecipante alla selezione, che però non si è costituito in giudizio. La sentenza annulla il punto del bando sui soggetti ammissibili, e di conseguenza annulla la riserva che congelava l'assegnazione di fondi a Eurofidi.
La vicenda è, come al solito, lunga e complessa, e la trovate ricostruita nella sentenza. Eurofidi prosegue la sua agguerrita campagna contro i provvedimenti degli enti territoriali che pongono paletti a favore dei confidi locali, o (come in questo caso) affiliati ad associazioni di categoria. E' ancora pendente il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Milano che dava ragione alla Regione Lombardia.
Nella battaglia sul fronte bergamasco, aperta da Eurofidi presso il TAR Milano e poi spostata su istanza della Provincia di Bergamo presso la sede di Brescia (competente per territorio), il maxi-confidi torinese segna un punto a suo favore. Le motivazioni della sentenza accolgono le tesi del ricorrente, e in particolare questa (la cito):
non è ragionevole fare riferimento ai confidi come espressione delle associazioni di categoria, in quanto verrebbero trascurati e penalizzati, senza particolari ragioni di interesse pubblico, proprio i confidi che, superando i limiti di uno specifico comparto produttivo, maggiormente si sono dotati dell’autonomia operativa e delle dimensioni necessarie per i nuovi compiti.Nella querelle tra maxi-confidi e confidi locali, tra realtà autonome e affiliate alle sigle associative, non prendo le parti di nessuno: rinvio alle cose dette sui modelli di business e sui principi dell'azione pubblica pro confidi al convegno Confeserfidi di Catania, in particolare le slide conclusive sulla valutazione dei benefici prodotti dai confidi in capo alle imprese.
Mi fermo qui. Non voglio fare le veci del Consiglio di Stato (scommettiamo che la Provincia ricorrerà contro la sentenza?).
Secondo voi, che cosa rimarrà del settore confidi nel 2013 se continuano queste lotte intestine? Per ora, continuo a far circolare attraverso aleablog le informazioni su queste beghe, almeno si conoscono in giro e magari qualcuno si mette una mano sulla coscienza.
Se però non si esce dalle sabbie mobili (dove tutti finiscono per sprofondare) mi metterò a pensare a qualcosa di alternativo ai confidi, che non costi nulla al bilancio pubblico e produca un maggior valore per le imprese. L'alternativa è (come in questo caso) spendere in cause il 10% dello stanziamento pubblico. Si può fare di meglio.
6 commenti:
Io, che forse con i Confidi ho qualche affinità, credo sia utile pensare a qualcosa di alternativo ai confidi. A medio termine è opportuno che il sistema delle garanzie si trasformi in modo tale che non costi nulla al bilancio pubblico e produca un maggior valore per le imprese. Hai ragione
Professore, in tutti i suoi commenti a vicende di questo tipo è chiaro che Lei si pone contro il contenzioso e nella logica (per me corretta) di massimizzare i benefici per le aziende.
Ciò che non riesco a capire e cosa pensa nel merito dei singoli casi. Cerco di spiegarmi: nella vicenda in esame ci sono due posizioni che appaiono evidenti: da una parte la Provincia che sembra voler finalizzare i suoi contributi a vantaggio di certi confidi (non di certe imprese) e studia il meccanismo del CNEL per tirare fuori tutti i confidi non collegati ad associazioni di categoria (che sono uno strumento di aggregazione e di lobby locale non da poco), dall'altra Eurofidi che appare combattere una battaglia di giustizia del tipo "i contributi alle imprese" per il tramite dei confidi che le finanziano.
Quindi particolarismo ed interessi locali (delle associazioni) contro player globali ed interessi delle imprese. Ma io so che la situazione è più complessa, meno evidente, intrecciata di interessi diversi e concorrenti e quindi mi piacerebbe conoscere il Suo pensiero, la sua analisi.
Grazie
Dario, mi facilita il compito. Riprendo dal suo commento, ultima frase:
"particolarismo ed interessi locali (delle associazioni) contro player globali ed interessi delle imprese". Io riformulo: "particolarismo ed interessi locali (delle associazioni) contro player globali" e qui mi fermo, perché nessuno si è preso la briga di valutare gli "interessi delle imprese".
Ogni contendente rivendica di essere lui l'autentico rappresentante di questi interessi perché più prossimo e radicato (confidi associativi) o più innovativo ed efficiente (player globali). Ma nessuno dei due combatte una battaglia ideale, perché l'oggetto del contendere sono le risorse (o le garanzie) pubbliche, ossigeno per entrambi i modelli di confidi.
Concretamente, nessuno dei due modelli è centrato sulla risposta ai bisogni delle imprese. Non lo dico per sfiducia, ma perché da dieci anni vedo passare una fila di urgenze davanti a questi soggetti, e sono pochissimi quelli che ci si buttano sopra per capirle meglio e dare risposte, nuove quando serve.
Vorrei che la contesa tra confidi fosse sulla capacità di rispondere ai bisogni delle imprese, da valutare nel merito, con l'analisi seria dei bilanci e con sondaggi tra i soci (l'idea del benchmarking che trova nelle slide di Catania).
Comunque, la crisi della finanza pubblica è una spada di Damocle che pende su tutte le lobby, locali e nazionali. Prima o poi si arriverà a discutere di come si spendono i soldi che vanno in aiuti alle imprese, e qualcuno proporrà di tagliarne una parte, o di ridestinarla a tagli (o minori aggravi) di imposte o altri incentivi automatici, o di scambiarla con alleggerimenti e semplificazioni. Le associazioni e i confidi (compresi quelli non associativi) che hanno equilibri economici costruiti sull'attuale sistema di aiuti, dovranno cambiare i modelli di offerta. E a quel punto ci sarà una sorta di liberalizzazione, con più qualità e concorrenza. L'attività di lobbying conterà di meno.
Mah, potrebbe anche rimanere tutto come è oggi. Ma insisto, non voglio entrare nella contesa su chi è più bravo a priori e su come spendere meglio i soldi pubblici, cerco solo di sperimentare qualcosa di nuovo che costi zero euro allo Stato e alle Regioni, e faccia intravvedere delle possibilità per riorganizzare il sistema.
Se fossimo su FB farei un "Mi Piace" alla sua risposta.
Ciao a tutti, per me la strada giusta e' quella di fare arrivare le agevolazioni alle imprese o direttamente tramite l'ente pubblico che mette le mette a bando o tramite un confidi 107 o una banca che si assegna la gestione. In entrambi i casi i confidi svolgerebbero un ruolo di consulenza e di assistenza nella compilazione delle domande. I confidi oggi si devono porre il problema di soddisfare il mercato delle consulenze alle imprese e non cercare paraventi associativi per fregare i colleghi. C'e mercato per tutti, forse cominciano a mancare i soldi pubblici e non vale più la pena di fare i bilanci previsionali contando su sovvenzioni. Saluti bartolo mililli
Mi piace
Posta un commento