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venerdì 16 gennaio 2009

Rapporto del Gruppo dei 30: "Financial Reform: A Framework for Financial Stability"



Il Group of Thirty non è un forum istituzionale, come il Financial Stability Forum, ma una think-tank formata da banchieri (centrali e privati, ex e in carica) e super-economisti. Ne fanno parte, per il nostro paese, Mario Draghi e Tommaso Padoa-Schioppa. Ha avuto risalto sui media la pubblicazione del rapporto Financial Reform: A Framework for Financial Stability. E' scaricabile al costo di $49, mentre è gratis l'elenco delle 18 raccomandazioni: i 30 saggi propongono, tra l'altro, di allargare il perimetro degli intermediari e dei mercati regolamentati (includendo gli hedge fund e i derivati su crediti e stringendo sulle quasi-banche come i fondi di mercato monetario), di limitare il proprietary trading dei gruppi bancari, di rafforzare il loro capitale, di attenuare l'impatto della contabilità al fair value sugli utili, di consentire accantonamenti su crediti anti-ciclici. Molta sintonia con le analoghe raccomandazioni del FSF di aprile e ottobre 2008: là troviamo più di 70 raccomandazioni.
Già che visitavo il sito dei Trenta, sono andato a rivedermi il loro celebre rapporto del 1993 Derivatives. Practices and Principles, che ha segnato la svolta della gestione e regolamentazione sui rischi di mercato (il grande pubblico ha imparato a conoscere i modelli VaR con questo documento). Sarebbe il caso di scrivere un addendum a quel rapporto: i derivati e in genere l'innovazione finanziaria sono fattori di arricchimento del mercato, sempr e comunque?
Sarebbe ora di mettere in discussione questo assioma, o di condizionarne la validità. Dopo lo scoppio di questa crisi, siamo ancora convinti che l'economia trae beneficio dal minuetto tra innovazione dei mercati finanziari e rincorsa delle regole prudenziali? Siamo nela situazione paradossale in cui si esalta la funzione di discovery delle PD svolta dal mercato dei credit derivatives, escono emissioni garantite dallo Stato con clausole complicatissime di step up / subordinazione / conversione / esposizione alle perdite, e i mercati monetari (a cominciare dall'interbancario) sono ingessati, il Libor non è più rappresentativo, mancano i punti di riferimento fondamentali.
Per tornare a essere semplici, occorre essere così complicati? Forse, ma sarebbe ora di rischiare qualche idea diversa.

Luca
PS 22/1: Ho letto nella prefazione che il principale estensore del rapporto sulla Financial Reform è Stephen Thieke, già chairman del Risk Management Committee di JP Morgan e attualmente nel CdA del Riskmetrics Group: il mio richiamo al rapporto del '93 e al VaR (Value at risk) non era fuori luogo. Non arrivo all'indignazione talebana (nel senso di Nassim Taleb) anti-VaR, però mi interrogo sull'utilità di questa cultura nell'attuale crisi. Quante crisi sono state evitate grazie al VaR? Temo nessuna. A quante crisi si è andati incontro con la falsa sicurezza infusa da una miope e banale valutazione del rischio? Più di una.

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