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martedì 24 maggio 2011

Datemi un punto d'appoggio, e solleverò il mondo (dalla crisi)

La citazione di Archimede mi serve per invitarvi a leggere il bell'articolo di Giancarlo Forestieri La ristrutturazione finanziaria delle imprese: analisi e strumenti, uscito su Bancaria, nr.5/2011 (potete acquistare online il numero della rivista a 15 euro). Forestieri è un collega del gruppo dei "bancari" della Bocconi, da cui provengo.  Ho imparato molto dalle sue lezioni e dai suoi scritti.
Questo articolo fa un'analisi a 360° degli interventi di ristrutturazione delle imprese in crisi finanziaria, dalle cure immediate (o palliative, come le moratorie) a quelle chirurgiche, che fanno la radiografia del valore economico dell'azienda e del suo deficit patrimoniale, per poi mettere attorno a un tavolo gli stakeholder e proporre sacrifici parziali (più forti per i finanziatori meno privilegiati) che consentono di evitare la liquidazione e sacrifici più pesanti. Si analizzano varie tecniche, come il debt for debt swap (consolidamento)il debt for equity swap (conversione di debito deteriorato in azioni), e gli acquisti di debito distressed come operazione di M&A, finalizzata a entrare nel controllo dell'azienda a prezzi da saldo. Sì, perché prima e dopo la crisi è aumentata la massa di smart money riversata da hedge fund o altri investitori specializzati verso società in ristrutturazione. Questi operatori, rappresentati come avvoltoi (vulture) nell'immaginario collettivo, analizzano la struttura del debito per seniority per individuare l'esposizione fulcro, ovvero quella parte di debito che non sarà spazzata via al 100% dal write-off, né rimborsata al 100% in quanto garantita: è su quella parte che le procedure offrono scambi di debito con azioni che consentono di entrare nella compagine di controllo in collaborazione o in contrasto con i precedenti proprietari. L'esposizione fulcro è il punto d'appoggio, che moltiplica la potenza dei denari intelligenti.
Ho ritrovato molti dei temi sui quali avevo fatto scrivere questo paper del gruppo Smefin, ma trattati in maniera più essenziale e con maggiori riferimenti alla prassi internazionale (ad esempio, agli studi di caso presentati da Stuart Gilson, di Harvard, in questo libro).
Bene ha fatto la rivista dell'ABI a dare risalto a questo lavoro: per uscire dalla crisi non bastano le moratorie, servono anche interventi chirurgici. Inoltre, sapere che ci sono operatori molto abili che vengono a ritagliarsi a poco prezzo i pezzi migliori di nostre aziende in difficoltà ci deve aprire gli occhi. La retorica del credito come ammortizzatore sociale e gli interventi omnibus diventano facilmente il paravento dietro il quale pochi avveduti si portano via quello che resta del valore aziendale, e poi il costo a perdere del fallimento rimane a carico della banche e della collettività. Questo nelle medio-grandi aziende. Nelle piccole si prolunga una situazione caotica e mortificante per gli imprenditori onesti, che si conclude comunque con la perdita di tutto. I furbi e i disonesti, in questa notte delle crisi aziendali dove tutti i gatti sono bigi, ci sguazzano.

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6 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Luca,
la novellata legge fallimentare, un cantiere sempre aperto dal 2005 al 2010, consente un'amplissima libertà di fronte all'impresa in crisi (o già insolvente), sia perche', negli interventi di rimozione del dissesto, si prescinde dalla meritevolezza dell'imprenditore (come era invece nella legge del 1942 restata in vigore fino al 2005) sia perche' il controllo del tribunale non e' piu' di merito sulla convenzienza della proposta concordataria ma è limitato alla legittimità della proposta (in sostanza, assumendo il Collegio un ruolo para -"notarile"). Il fulcro di tutti gli interventi (concordati preventivi, accordi di ristrutturazione dei debiti art 182 bis, piani attestati di risanamento art 67 comma 3 lett. d)) risiede nella relazione attestata dell'esperto contabile che certifica la ragionevolezza, attuabilità, fattibilità del piano o accordo proposto.

Una sostanziale "privatizzazione" della crisi di impresa, sull'onda del chapter 11 americano, con luci e ombre.

Tuttavia attenzione, se da un punto di vista civilistico, il controllo del Tribunale e' piu' lasco, rimangono pur sempre i risvolti penali (fra tutti: bancarotta fraudolenta preferenziale, bancarotta semplice, soprattutto) legati a questi piani di superamento della crisi.
Vero e' che la riforma di luglio, con la legge 122 ha sottratto piani, accordi e concordati alla bancarotta preferenziale (normalmente garanzie su finanziamenti) e semplice (operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento) con l'art. 217bis, tuttavia il giudice penale, qualora l'impresa fallisca per insuccesso del piano, è libero di sindacare.... specialmente nei piani ex art. 67 ma anche negli accordi 182 bis anche se omologati dal tribunale civile (dipende se l'omologa e' stata penetrante o no..). Nel concordato invece la situazione e' diversa perche' il controllo giudiziario (ammissione e poi omologa e' sicuramente piu' penetrante).

Insomma, molta piu' responsabilità (anche penale) è attribuita all'esperto.

Questo e' quanto si legge in dottrina ultimamente.


(Jaures)

Anonimo ha detto...

Quindi gli esperti hanno una grande responsabilità deontologica prima ancora che penale. Si può fare qualcosa a livello di ordini professionali per incoraggiare i comportamenti virtuosi.

Anonimo ha detto...

sembra proprio di si'. In merito, ci sono i principi di revisione ISAE3400 (su cui ha fatto una monografia Patrizia Riva, L'attestazione dei piani delle aziende in crisi, Giuffrè, 2009) e le Linee Guida per il finanziamento delle imprese in crisi (a cura di Universita' di Firenze, Assonime, Cndc, 2010) coordinate dal bravissimo prof. Lorenzo Stanghellini e di cui uscirà presto la seconda edizione.

I limiti sembrano essere:
- la nomina dell'esperto attestatore da parte dell'imprenditore in crisi, con dubbi quindi sulla sua indipendenza e terzietà. Il problema si pone meno nel concordato preventivo dove c'e' la figura del Commissario Giudiziale che provvede a redigere una circostanziata relazione rivolta ai creditori.

- la difficoltà a valutare la veridicità dei dati aziendali e contabili (da cui un'analisi di seria fattibilità del piano non puo' prescindere) dell'impresa in crisi. Il problema si pone soprattutto nei piani ed accordi di "risanamento" mentre e' meno importante nei piani "liquidatori" (perche' non presuppongono la continuita' dell'impresa).

(Jaures)

Anonimo ha detto...

La difficoltà sta nel fatto che i giudizi degli esperti sono prognostici.., non si tratta di fare la revisione di un bilancio consuntivo ma di esprimere previsioni, ossia congetture. In merito, una buona guida la fornisce Patrizia Riva, l'Attestazione dei piani delle aziende in crisi, Giuffrè, 2009 che analizza il tema e l'applicazione dei principi ISAE 3400.
Altro documento molto interessante sono le LINEE GUIDA PER IL FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE IN CRISI, coordinate dal bravissimo prof. Lorenzo Stanghellini e redatte da Università di Firenze, Assonime e CNDC, prima edizione 2010. Presto uscirà anche la seconda edizione.

Insomma, il fatto che trattasi di giudizi prognostici fa si che tali attestazioni scontino un'alea ineliminabile e questo può far da paravento ad attestazioni opportunistiche... tenendo conto che l'esperto contabile è nominato direttamente dall'imprenditore in crisi che propone il piano o l'accordo.

Come al solito in Italia, si va da un estremo all'altro: per 60 anni è prevalsa una concezione pubblicistica del fallimento, con pali e paletti e risultati lunghi e insoddisfacenti. Ora, con l'ubriacatura americana dei chapter 11 siamo alla crisi d'impresa risolta pret a porter, lasciata al giudizio "sovrano" dei creditori (come se fossero veramente informati o consapevoli nella lettura di piani e promesse, specialmente i piccoli creditori).

Forse il concordato preventivo (connotato dalla presenza di due giudizi del tribunale, in apertura e in omologazione, con la presenza del commissario giudiziale che fa le pulci alla relazione dell'imprenditore attestata dall'esperto) da' maggiori garanzie, per quanto siano quasi tutti utilizzati in chiave liquidatoria (ossia senza continuita' aziendale)

Jaures

Anonimo ha detto...

Caro Jaurès, sei un vero esperto di procedure concorsuali! E' vero, l'uso di piani "prognostici" fatti di stime aleatorie può dare una falsa impressione di congruità o attuabilità. E qualcuno può approfittarsene a danno di altri (debitore vs creditori, creditori di serie A vs creditori di serie B, ecc.). i giurisperiti quando vedono un numero non fanno sempre le dovute distinzioni tra dati certi, aleatori (trattabili con la statistica) e incerti. Però un professionista serio riconosce un piano fasullo, dove le "previsioni" sono una variabile di input che porta al risultato che si vuole ottenere, ad esempio una percentuale bassa bassa di soddisfacimento dei creditori chirografari. Io penso che si possa fare un censimento dei furbi: così come posso risalire tramite CRIF o Experian ai clienti che non pagano, così dovrei poter sapere se un imprenditore è pluri-fallito e come si è comportato nelle procedure, chi sono i suoi consulenti; lo stesso di una banca. Però è dura, perché la consulenza su questi temi può generare molto più valore (a breve) vendendo ricette per cavarsela, piuttosto che per auto-disciplinare comportamenti corretti. Penso che la materia fallimentare non sia diversa da quella fiscale.

Anonimo ha detto...

mi scuso per aver ripetuto concetti, credevo che il primo post fosse "saltato". Luca, hai proprio ragione: lo strumento in se' e' positivo, bisogna vedere come viene utilizzato.

(Jaures)