Oggi anche Repubblica parla dei suicidi dei piccoli imprenditori veneti con due articoli (il racconto dei 14 drammi già consumati e un commento di Luciano Gallino).
Nel modo in cui si discute e (non?) si affronta il problema noto due filoni: (a) l'accusa alle banche e ai committenti che non pagano; (b) la solitudine e la disperazione. Anche i rimedi sono polarizzati su: (a) più credito, garanzie, fondi di solidarietà; (b) telefono amico, assistenza psicologica. Possibile che a nessuno venga in mente di fondere i due aspetti del problema? La compagnia all'imprenditore in difficoltà va fatta parlando con lui dei problemi della sua impresa, che sono problemi gestionali, finanziari, legali, di personale. Come ci ricordano Nic&Gabri (da Teramo) occorre costruire un rapporto di fiducia che nasce da una richiesta d'aiuto, e che si riempie subito di contenuti professionali, decisionali: che cosa si può realisticamente fare per andare avanti, o per ritirarsi senza rimanere travolti? La compagnia serve a questo, a evitare il cortocircuito tra fallimento dell'impresa e annullamento della persona. Chi può fare questa compagnia? Chi ha interesse vero per il valore della persona, ma non astratto, bensì calato nella vicenda concreta dell'azienda in difficoltà.
Luca
PS: Sempre oggi il Corriere (inserto Corriere Veneto) racconta di una giornata al call center anti-suicidi avviato dalla Camera di commercio di Padova. Un esperimento interessante. Da leggere per riflettere e pensare a cosa fare dopo la telefonata.
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