Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d'Italia, è oggi intervenuto su "Le banche locali e di credito cooperativo in prospettiva: vigilanza europea ed evoluzione normativa", presso la Federazione delle cooperative Raiffeisen, Bolzano. La relazione, che riassume molto chiaramente la situazione delle piccole banche locali (e delle BCC in particolare) e il loro trattamento nei nuovi meccanismi europei di vigilanza unica e di risoluzione delle crisi. Ne raccomando la lettura.
Le BCC nella prima fase della crisi apparivano più forti in virtù del radicamento locale e della solida dotazione patrimoniale, che ha consentito loro di non contrarre il credito, e in moti casi di espanderlo. Oggi i punti di forza sono diventati delle criticità: l'espansione "tardiva" del credito mantiene alta l'onda lunga dei default, con tassi di decadimento che sono aumentati nel 2014 mentre sono diminuiti per le banche più grandi [imparate a chiamarle significant nel gergo della vigilanza europea]. Chiaramente le perdite su crediti hanno eroso il capitale, e se il deteriorato fosse sottoposto a una asset quality review molte BCC dovrebbero alzare di molto le rettifiche e vedrebbero scendere il loro coefficienti di solvibilità a livelli di guardia. Una rete di organismi cooperativi è chiaramente svantaggiata quando si tratta di raccogliere grosse quantità di patrimonio in tempi ristretti. I meccanismi solidaristici possono aiutare, ma rischiano di non essere adeguati. Si osserva in proposito:
Il tema riguarda da vicino i confidi, specialmente quelli (per lo più a dimensione regionale) che hanno sviluppato nel 2010-2012 il grosso della loro attività con banche locali. Oggi il rapporto tra confidi e queste banche è più problematico: sono cresciute le loro richieste di escussione, ed è anche più difficile ottenere da loro credito aggiuntivo per le aziende associate ai confidi.
Tanto le BCC quanto i confidi sono oggi messi sotto esame e molti giudicano superato il loro modello di intermediazione. Penso che non sia superato, ma deve essere sicuramente aggiornato, per funzionare meglio. Oggi la sfida è più impegnativa di qualche anno fa. Gli intermediari di natura mutualistica devono reagire a una campagna che è prima di tutto culturale (o meglio ideologica): i detrattori si fanno forti della superiorità del modello di società di capitali orientata alla remunerazione risk-adjusted degli azionisti. Chiaramente, gli avversari (perché tali sono, nella contesa per le quote di mercato bancario retail) si attaccano agli incidenti di percorso, alle situazioni fragili o in peggioramento, e ai cattivi comportamenti di alcune BCC (o confidi).
Purtroppo spesso la replica alle critiche è retorica (siamo radicati nel territorio, socialmente responsabili, ecc.) e commemorativa (come siamo stati bravi cinque o venticinque anni fa). La risposta deve essere incisiva, e dispiegarsi almeno su tre fronti: su quello culturale, esplicitando il modello operativo (opportunamente aggiornato) e dimostrando la sua validità anche sul piano teorico; su quello della coesione a livello di sistema, con un monitoraggio attento dei comportamenti devianti; a livello operativo, facendo funzionare meglio e tagliando quello che non serve più.
Le BCC nella prima fase della crisi apparivano più forti in virtù del radicamento locale e della solida dotazione patrimoniale, che ha consentito loro di non contrarre il credito, e in moti casi di espanderlo. Oggi i punti di forza sono diventati delle criticità: l'espansione "tardiva" del credito mantiene alta l'onda lunga dei default, con tassi di decadimento che sono aumentati nel 2014 mentre sono diminuiti per le banche più grandi [imparate a chiamarle significant nel gergo della vigilanza europea]. Chiaramente le perdite su crediti hanno eroso il capitale, e se il deteriorato fosse sottoposto a una asset quality review molte BCC dovrebbero alzare di molto le rettifiche e vedrebbero scendere il loro coefficienti di solvibilità a livelli di guardia. Una rete di organismi cooperativi è chiaramente svantaggiata quando si tratta di raccogliere grosse quantità di patrimonio in tempi ristretti. I meccanismi solidaristici possono aiutare, ma rischiano di non essere adeguati. Si osserva in proposito:
Il progetto di riconoscimento a fini prudenziali del Fondo di Garanzia Istituzionale avrebbe dovuto rappresentare un primo passo nella direzione di una maggiore coesione. La mancata realizzazione del progetto riflette la complessità dell’iniziativa, ma anche esitazioni e resistenze dinanzi a una prospettiva di cambiamento che comporta limitazioni alla piena autonomia dei partecipanti al sistema.Tra le debolezze, Barbagallo sottolinea anche la struttura di costo rigida e la governance non sempre capace di scelte di cambiamento, quando non è catturata da interessi locali estranei alla missione mutualistica.
Il tema riguarda da vicino i confidi, specialmente quelli (per lo più a dimensione regionale) che hanno sviluppato nel 2010-2012 il grosso della loro attività con banche locali. Oggi il rapporto tra confidi e queste banche è più problematico: sono cresciute le loro richieste di escussione, ed è anche più difficile ottenere da loro credito aggiuntivo per le aziende associate ai confidi.
Tanto le BCC quanto i confidi sono oggi messi sotto esame e molti giudicano superato il loro modello di intermediazione. Penso che non sia superato, ma deve essere sicuramente aggiornato, per funzionare meglio. Oggi la sfida è più impegnativa di qualche anno fa. Gli intermediari di natura mutualistica devono reagire a una campagna che è prima di tutto culturale (o meglio ideologica): i detrattori si fanno forti della superiorità del modello di società di capitali orientata alla remunerazione risk-adjusted degli azionisti. Chiaramente, gli avversari (perché tali sono, nella contesa per le quote di mercato bancario retail) si attaccano agli incidenti di percorso, alle situazioni fragili o in peggioramento, e ai cattivi comportamenti di alcune BCC (o confidi).
Purtroppo spesso la replica alle critiche è retorica (siamo radicati nel territorio, socialmente responsabili, ecc.) e commemorativa (come siamo stati bravi cinque o venticinque anni fa). La risposta deve essere incisiva, e dispiegarsi almeno su tre fronti: su quello culturale, esplicitando il modello operativo (opportunamente aggiornato) e dimostrando la sua validità anche sul piano teorico; su quello della coesione a livello di sistema, con un monitoraggio attento dei comportamenti devianti; a livello operativo, facendo funzionare meglio e tagliando quello che non serve più.
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