Il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco è intervenuto stamattina al 21° Congresso ASSIOM FOREX, appuntamento importante e atteso dalla comunità finanziaria italiana. In una relazione dal respiro come sempre amplissimo, è tornato sul tema che lo scorso anno aveva tangenzialmente accennato: l'iniziativa per lo smobilizzo dei crediti deteriorati, con il sostegno finanziario dello Stato, che ai media piace chiamare bad bank di sistema. Ma lasciamo che a parlarne sia il Governatore (v. pp. 9-10, mio il grassetto):
Alla fine di settembre l’incidenza delle sofferenze sul complesso dei prestiti alla clientela aveva raggiunto il 10,6 per cento per i principali gruppi bancari; il 18,3 per cento per il totale delle partite deteriorate. Il peso ancora elevato di queste ultime è anche il riflesso della mancanza di un mercato secondario per tali attività, oltre che dei tempi lunghi delle procedure di recupero; transazioni sono state finora possibili in pochi casi e a prezzi molto bassi, che scontano non solo i normali costi di gestione e i rischi delle attività sottostanti, ma anche l’incertezza che ha caratterizzato le prospettive della nostra economia.Si nota subito la convergenza tra la diagnosi e le proposte di terapia espresse sinteticamente dal Governatore e l'analisi del Fondo monetario pubblicata ieri. Il peso delle sofferenze sui prestiti, specie su quelli alle imprese, è un gravame soffocante per il sistema bancario italiano; occorre un intervento di sistema che faciliti il loro smaltimento su un mercato delle esposizioni deteriorate. Visco sottolinea che finora le cessioni a operatori di mercato sono state poche e a valori depressi. Per creare condizioni più favorevoli serve quindi un intervento diretto dello Stato (con tutte le cautele del caso) con agevolazioni fiscali e garanzie pubbliche sugli attivi deteriorati ceduti dalle banche.
Lo smobilizzo dei crediti deteriorati è cruciale per consentire alle banche di reperire risorse da destinare al finanziamento dell’economia reale. Un intervento diretto dello Stato – nell’ambito di uno schema che, nel rispetto della disciplina europea sulla concorrenza, preveda il pieno coinvolgimento delle banche nei costi dell’operazione e un’adeguata remunerazione del sostegno pubblico – potrebbe avere luogo non per rimediare all’assunzione di rischi eccessivi da parte delle singole banche, ma per far fronte al deterioramento dei crediti indotto dalla gravità e dalla lunghezza della recessione, nonché all’esigenza di assicurare adeguati flussi di finanziamento all’economia. Opportune agevolazioni fiscali o la prestazione di garanzie pubbliche sulle attività derivanti dalla dismissione dei prestiti in sofferenza creerebbero condizioni più favorevoli allo sviluppo di un mercato privato delle partite deteriorate.
Ecco la conferma ufficiale delle indiscrezioni trapelate a inizio anno (v. news del 13 gennaio) circa l'allargamento dell'ombrello della garanzia pubblica alle operazioni strategiche di credit risk transfer di cui hanno bisogno le banche italiane: la cessione di ABS su crediti in bonis alla Banca centrale europea, e la cessione di ABS su crediti deteriorati a investitori specializzati. I passi normativi per sbloccare questi interventi sono già scritti nella bozza di articolo in materia di Fondo Pmi attesa a inizio mese e poi stralciata dall'Investment Compact del 24 gennaio.
Ho già espresso qui i miei timori sullo Stato-assicuratore che si avventura su filiere di intermediazione e tranche di rischio non collaudate e insidiose, come i minibond, i prestiti erogati da compagnie di assicurazione, le ABS mezzanine. Qui si apre una nuova prospettiva: lo Stato si prende (non gratis, secondo Visco) il rischio di recupero, cioè si impegna a pagare la differenza tra perdite realizzate alla chiusura delle pratiche e le perdite stimate al momento della cessione delle partite deteriorate. Paradossalmente, garantire questi rischi può essere un lavoro più appropriato per lo Stato-assicuratore rispetto all'intervento in meccanismi complicati di tranching del rischio. Infatti, lo Stato ha in mano delle leve di costo importanti: basterebbe riorganizzare i tribunali per ridurre la durata delle procedure esecutive, ritoccare qua e là il diritto fallimentare, dare incentivi fiscali (cui Visco ha accennato) alle soluzioni extra-giudiziali rapide e ben fatte, per abbassare lo zoccolo dei costi del fallimento ex post. Per non parlare poi della possibilità di stimolare la ripresa economica con l'azione di Governo (ma qui sappiamo che la sovranità è limitata e i risultati sono assicurati soltanto verbalmente).
Per ottenere questi vantaggi, occorre che che a pilotare questo grande intervento stia un soggetto pubblico illuminato, supercompetente e temuto, non catturabile dagli interessi delle due parti, le banche e gli investitori, che si scambiano gli asset cattivi. Come nelle migliori esperienze internazionali (riassunte nel paper FMI di cui sopra).
Speriamo che questo soggetto venga fuori. Bisogna sempre sperare per il meglio,
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