Sul Sole 24 ore di lunedì 2 febbraio c'era una pagina (che in rete ho reperito qui) dedicata al Fondo Pmi. L'articolo di Francesca Barbieri dà per quasi certo l'impegno del Governo a riproporre le misure di rafforzamento anticipate qui, circolate in bozza (e poi stralciate dal decreto-legge Investment Compact per problemi di copertura), ma sostenute dal ministro Padoan. Le novità dell'articolo riguardano i dati sull'operatività 2014 del Fondo Pmi, di cui trovate alcune tabelle sul sito istituzionale.
L'articolo riporta la dotazione su cui il Fondo può contare, che (secondo i tecnici del ministero dello Sviluppo economico) ammonta a 224 milioni residui più 695 milioni della legge di Stabilità 2014. Del budget totale, 225 milioni sono già destinati all'intervento di rafforzamento patrimoniale dei confidi (che peraltro avverrà, se avverrà, in modi ancora da definire stanti i problemi qui evidenziati da un dirigente dello stesso MiSE).
Ed ecco la sintesi dei dati sulle operazioni accolte nel 2014:
Le domande presentate mostrano una dinamica positiva (+7,9%) rispetto al 2013, con un numero di richieste che sfiora la soglia delle 90mila. E gli operatori che hanno fatto domanda ( 441 ) sono in aumento del 15,4 per cento. «Dall’analisi dei soggetti richiedenti (si evidenzia nel report messo a punto dal ministero dello Sviluppo economico) emerge come la crescita sia legata alle banche, in ascesa di quasi un quarto, che rappresentano ormai oltre il 68% del totale [sull'erogato, sul garantito la garanzia diretta pesa il 74,4% ed è cresciuta del 53% sull'anno precedente]». A fronte delle oltre 86mila operazioni accolte, le imprese garantite sono state 56mila. I finanziamenti approvati 12,9 miliardi evidenziano un segno “più” del 19,7%, mentre l’importo garantito pari a 8,4 miliardi registra un aumento del 30,8 per cento.Un'altra informazione inedita che ci dà l'articolo riguarda le garanzie di portafoglio: nel 2014 è stato ammessa una prima operazione su un portafoglio di 300 milioni con un "massimo garantito" di 15 milioni [presumo sia la parte della tranche equity coperta dalla garanzia statale, pari in questo caso al 5% del portafoglio]. Dai dati di dettaglio sul numero di pratiche (che mi sono stati comunicati informalmente), risultano 390 operazioni presentate sul questo primo pool assistito da tranched cover: si tratta come prevedibile di pratiche di importo medio unitario più elevato di quelle tradizionali (circa 770mila euro l'una).
Ma quali sono le ragioni che hanno mosso le imprese a chiedere la garanzia statale? La risposta è scontata per l’85% dei dossier autorizzati: soddisfare esigenze di liquidità. Si riscontra, però, un leggero aumento delle domande autorizzate per realizzare investimenti: 12.917 operazioni nel 2014, rispetto alle 12.354 dell’anno precedente. Le operazioni a medio-lungo termine, poi, registrano una crescita del 18,2% (a quota 42mila), maggiore rispetto a quelle a breve termine (+6,1%).
Completiamo questo flash con qualche dato dalle tabelle di sintesi già messe sul sito del Fondo.
Le tendenze sono quelle già rilevate nel 2013: il fenomeno incontestabile è la crescita del peso della garanzia diretta in un trend di crescita dei volumi garantiti. Il flusso di operazioni controgarantite attraverso i confidi cala [cliccate per ingrandire le tabelle]:
Rimane prevalente il peso dei finanziamenti a imprese piccole e micro, che crescono a tassi più elevati rispetto a quelli ad aziende medie.
Prevalgono le operazioni a medio-lungo termine,
ma al loro interno pesano di più quelle non collegate a nuovi investimenti (quindi, come ricordato sopra, effettuate "per soddisfare esigenze di liquidità").
Speriamo siano pubblicati report più articolati sugli altri aspetti dell'operatività del Fondo.
In assenza di quei dati è impossibile prendere posizione sul fenomeno più preoccupante per molti lettori di aleablog: il prolungato e progressivo spiazzamento dei confidi nell'accesso al Fondo.
La percentuale delle controgaranzie sul flusso di nuove operazioni in volume garantito scende al 25,6%. Siamo scesi sotto la quota riservata del 30% introdotta nel 2008 (comma 3 dell’articolo 11 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 3), che nel giugno 2013 si era cercato di abrogare con il decreto-legge "del fare" e che era stata salvata dalla legge di conversione.
Spiegherei il calo delle controgaranzie alla luce dei problemi di sottocapitalizzazione di alcuni confidi maggiori, che per mancanza di coperture patrimoniali della quota non controgarantita hanno portato al Fondo volumi drasticamente ridotti rispetto al 2013. Inoltre negli anni abbiamo visto crescere il numero di banche che accedono alla garanzia diretta: sono 302, il 68% del totale di 441 intermediari. Ci sono dentro banche locali, in prevalenza BCC, che fanno operatività di piccolo taglio in diretta concorrenza con i confidi dei settori small business. Il trend di spiazzamento dei confidi, pertanto, si prolunga e investe un fronte più ampio.
Come reagire? Come difendere il ruolo e gli spazi dei confidi? Non bastano le pressioni sul Governo, occorre verificare coi numeri se la garanzia statale veicolata direttamente dalle banche è realmente meno costosa di quella intermediata dai confidi. Probabilmente non è così, se ai costi gravanti sull'azienda (il tasso sul prestito, le commissioni del Fondo e quelle dei confidi in caso di controgaranzia) aggiungiamo i costi gravanti sulla collettività (le perdite da insolvenza, condizionate dagli incentivi a selezionare e a disciplinare i debitori) e deduciamo i benefici associati alla capacità di rendere bancabili aziende che la banca da sola non avrebbe finanziato. Gli unici dati resi noti finora sono i tassi di default cumulativi (dal 2000 al 2013) rilevati sulle garanzie dirette (4,6% sugli importi garantiti) e sulle controgaranzie (2,7%); li trovate nella slide n. 7 di questa presentazione di Salvatore Vescina, che contiene altri spunti interessanti sul tema del valore aggiunto delle garanzie confidi.
Non basta quel dato, occorre un sistema di rendicontazione e valutazione degli intermediari che non ragioni per categorie (buoni i confidi, cattive le banche, o viceversa) ma per comportamenti.
Al MiSE e nelle Associazioni ci sono diversi interlocutori disposti a investire su questo, spero che ricevano l'appoggio che meritano.
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