Articolo oggi sul Gazzettino (registrazione gratuita) sulla Banca popolare di garanzia (notizia in prima con ripresa a pag. 16, da cui cito)
[...] il consiglio di amministrazione dovrà convocare a fine mese l’assemblea dei soci con all’ordine del giorno l’ipotesi di trasformare la Popolare in società per azioni. [...]
In pole position ci sarebbe la Popolare di Vicenza. Ma, stando ad indiscrezioni, non confermate dagli interessati, anche Intermedia, la banca di Giovanni Consorte, ex Unipol, di cui è socia Classica Spa, sim padovana che vede tra i principali azionisti Ottavio Riccadonna e la famiglia di albergatori Boscolo.
[...] Quello padovano è stato il primo esperimento in Italia di trasformazione di un consorzio Fidi in un istituto di credito vero e proprio. [...] Anche per questo il piano di salvataggio ora tenta la complessa alchimia di mettere ordine nei conti senza dover dichiarare fallito l’esperimento.
Luca
6 commenti:
Invece di tentare una "complessa alchimia", per una volta non si può ammettere che l'esperimento è fallito?
E' fallita l'idea che sia possibile vendere garanzie finanziarie (per quelle commerciali o all'esportazione il discorso è diverso) separatamente dal credito. C'è spazio solo per enti distributori di agevolazioni in forma di garanzia a spese, ovviamente, dell'aiuto che arriva alle imprese.
Bilancio chiuso con una perdita di € 17.400.000.
Incontro di ieri con le banche non andato a buon fine (la Pop. Vicenza semprerebbe non più interessata) e quindi fallimento del piano IMI.
Oggi dimissione in massa del CdA.
A fine mese assemblea dei soci (incazzatissimi per aver perso il capitale apportato).
Mi dispiace davvero, specialmente per le persone che lavorano lì, per le aziende che erano socie del pre-esistente Interconfidi nord-est e non hanno più un garante di riferimento, e ovviamente per i soci che ci hanno rimesso cifre importanti.
Tratteniamo l'insegnamento di questa vicenda, può aiutare i confidi ad evitare errori analoghi e altrettanto gravi in futuro.
Il CdA di Banca di Garanzia ha avanzato a Banca d'Italia la richiesta di amministrazione straordinaria.
Oggi ben tre articoli usciti (il Mattino, il Gazzettino e il Corriere della Sera) sulla situazione della banca padovana. La notizia più stravagante e quella con cui si chiede alle banche esposte di trasformare le insolvenze garantite in partecipazioni della Banca di Garanzia; si chiede quindi alle banche di iscrivere in bilancio asset tossici in piena controtendenza con quello che si sta cercando di fare sui mercati finanziari dell'intero globo. In pratica la proposta è quella di produrre nuovi titoli spazzatura da aggiungere a quelli che probabilmente hanno causato la crisi di cui oggi patiamo. Chiamiamola pure finanza creativa ma forse questo è il segnale che il management non sa più che pesci prendere. E intanto l'Assemblea dei soci si avvicina (in prima convocazione il 30 aprile e in seconda il 5 maggio) senza che da Via Nazionale giungano ancora segnali di nomina del Commissario straordinario che prenderebbe in mano la situazione azzerando tutte le funzioni sociali ivi compresa l'Assemblea; il timore è che giunti in Assemblea questa ponga in liquidazione la società. Va anche detto che il Commissario se nominato, non avrà la bacchetta magica: difficilmente la Popolare di Garanzia potrà riprendere la propria attività visto che ha capitale azzerato e per fare impieghi, alias fideiussioni, ha bisogno di un patrimonio di vigilanza che al momento nessuno sembra aver intenzione di fornirgli (ridicolo l'appello di Unindustria di versare quote, in questo momento di sobrietà economica, agli industriali padovani che tra l'altro hanno già perso ingenti denari) e dato che sono sempre più gli Istituti di credito che hanno comunicato di non gradire le garanzie delle Popolare padovana. Ma quello che più mi preme sottolineare è il futuro dei circa 70 dipendenti che a causa di decisioni errate e finanza allegra da parte della dirigenza (si parla di spese folli in consulenze e benefit da banca degli emirati arabi) rischiano oggi il posto di lavoro. In ciò bisogna dare la sua parte di colpa anche a Banca d'Italia che in fase di autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria non ha saputo ben valutare la situazione.
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