Uno dei temi preferiti miei e di molti visitatori. Cerchiamo di fare un passo avanti? Di carne da mettere al fuoco ce ne sarebbe tanta. Lancio alcune domande:
- ci sono esperienze di consulenza alla gestione finanziaria offerta come servizio (a pagamento) da parte dei confidi?
- quali sono i fattori frenanti? Il veto delle associazioni di categoria e degli studi professionali? La mancanza di aziende disposte a pagare? La mancanza di competenze e di modelli o strumenti informatici nei confidi?
- per superare i veti e le contrapposizioni di cui sopra, si può precisare il ruolo distintivo dei confidi rispetto a centri servizi delle associazioni e commercialisti per ragionare in un'ottica di filiera a servizio dell'azienda? Che cosa servirebbe per farlo? Cambiamento di mentalità, portali web, cultura condivisa? La stessa integrazione si potrebbe realizzare con la consulenza legale, lo ritenete opportuno?
- che contenuti dovrebbe avere, per essere sinergica al lavoro tipico sulle garanzie? Carattere continuativo o su problemi straordinari? Assistenza ai rapporti con le banche? Analisi e reporting finanziario sui dati di bilancio, con un po' di controllo di gestione per le aziende che non ce l'hanno? Pianificazione di cassa a breve? Pianificazione finanziaria a medio? Advisory in situazioni di crisi? Altro?
- come farsi pagare i servizio? Assorbire i costi con i ricavi della garanzia? Voucher pubblici? Commissioni una tantum? Commissioni per anno? Altro?
Luca
37 commenti:
Comincio con una domanda: che cos'è l'accesso al credito? E' il servizio di presentazione domanda alla banca o qualcosa d'altro?
Sapio, c'è il lavoro diretto all'espletamento della pratica (raccolta della documentazione, integrazione delle informazioni, predisposizione di report appositi, come un bilancio preconsuntivo). Ci sono due modi di farlo:
a) l'azienda non se ne cura se non alla scadenza del fido o quando ne deve chiedere uno nuovo, allora arriva il consulente che sa come funzionano queste cose e si occupa lui di mettere insieme le carte e di portarle in banca;
b) il consulente segue continuativamente l'azienda sulle problematiche di cash management (come minimo) e di gestione economico-finanziaria, quindi i documenti che servono alla banca sono sempre pronti e aggiornati, ed anche l'imprenditore li riceve e li legge, così previene (quando si può) i problemi.
La seconda attività è chiaramente più impegnativa. La prima però quando si deve correre in emergenza può costare di più (anche perché il consulente ne approfitta), ed è una spesa a perdere, perché la volta dopo si ricomincia da capo a quindici, e nel frattempo non si è presa in mano la situazione. La consulenza quantitativa può costare molto meno di quello che sembra se si utilizza bene la tecnologia. Nei due casi di business point che ho seguito abbiamo dovuto spendere molto tempo a lavorare manualmente in dati, se lo si deve fare ogni mese (per aggiornare il budget di cassa, as esempio) è un bagno di sangue. Però se ci si organizza il flusso di aggiornamento da software gestionale e internet banking può essere questione di due clic, e di qualche passaggio di controllo dei dati. Basta volerlo, le tecnologie ci sono.
Luca, quello che volevo sapere io è se è un servizio (per altro molto, ma molto, valido e meritevole) come quello che descrivi tu o è una specie di "condizione" del tipo "cliente, se non passi da noi i soldi non li prendi perché, indipendentemente dal tuo merito, noi abbiamo i contatti giusti."
Sapio, quello basato sui contatti giusti è il mio primo tipo, quello valido e meritevole è il secondo. Per essere più precisi, oggi lavorano molto anche soggetti come i mediatori creditizi che non vendono entrature nel salotto buono delle banche locali, ma la specializzazione nella preparazione delle pratiche e anche una certa reputazione presso più banche, talora esterne all'ambito locale dell'impresa. Quello che mi ha sorpreso è il caso di alcune società che si occupano di portare pratiche segnalate dalle banche in istruttoria presso un confidi (anche qui, talora non vicino geograficamente all'affidato), e di chiudere il cerchio. Non è la consulenza continuativa che intendo io, ma un servizio che colma dei gap nella rete distributiva delle banche dei confidi. Bisogna poi vedere quanto costa la mediazione, che si aggiunge al costo della garanzia e allo spread pagato alla banca. Ma di questi tempi, l'impresa in cerca di liquidità non guarda per il sottile.
Salve, leggo da molto tempo il blog e colgo l'occasione per complimentarmi con il Prof. Erzegovesi per la passione oltre che per la competenza. Sul tema della consulenza, dell'accesso al credito e dei business office vorrei riportarvi la mia esperienza (forse significativa). Dopo 5 anni di professione (commercialista), 12 in giro per banche di italia ed europa ho scelto di fare ... il consulente. Facciamo budget, pianificazione, presentazione trimestrali, ecc... anche per aziende piccole (5/10 mln fatturato). Abbiamo contratti annuali in parte anche commisurati a precisi obiettivi gestionali condivisi ad inizio anno. Impieghiamo mediamente 6 mesi per far capire alle aziende che il ns lavoro è molto diverso da quello del commercialista, del mediatore creditizio e che non abbiamo contatti con nessuna banca. Impieghiamo altrettanto per far capire ai professionisti abituali che non vogliamo portargli via il cliente ma vogliamo lavorare ad un progetto industriale. Quando presentiamo budget, trimestrali e proiezioni la stragrande maggioranza dei gestori delle banche non capisce come è costruito un rendiconto finanziario. In sintesi notiamo: bassissima propensione delle aziende verso la pianificazione ed il controllo (anche quando parliamo di 25/30 mln di fatturato e rischi enormi) e quindi bassa disponibilità a riconoscere compensi per quest'attività. Preferiscono pagare il 3% a mediatori, amici,ecc.. salvo non sapere l'incidenza di alcune azioni gestionali.
scarsissime competenze nelle banche (l'impoverimento professionale è materia nota..)
difesa ad oltranza e senza speranza di rendite di posizione da parte di alcune categorie di professionisti (commercialisti in primis)
Venendo ai confidi, l'opportunità di offrire questi servizi è enorme ma non sono attrezzati in termini di quantità e qualità delle risorse umane.
Purtroppo (o per fortuna) se si vuole affiancare l'impresa costantemente e attentamente l'attività richiede tempo e ricerca continua e ciò ha un costo anche rilevante non sempre e non facilmente misurabile oggettivamente.
Siamo molto ottimisti (o incoscienti) nel pensare che forse questa crisi spingerà le aziende a dare il giusto peso ai temi di pianificazione, controllo e reporting e se le banche vorranno finalmente fare il loro mestiere (dando soldi, ma veramente, solo ai progetti che meritano)allora la crisi non sarà passata inutilmente. La ns esperienza è estremamente positiva perchè dopo svariati mesi l'impresa, i professionisti, le banche capiscono, si tranquillizzano e finalmente si crea un clima favorevole al progetto ma..... che fatica!!!
p.s. Prof se vuole replicare l'esperienza del business office/point a roma siamo a sua disposizione.
"Come farsi pagare i servizio? Assorbire i costi con i ricavi della garanzia?"
Mi sembra un'ipotesi impraticabile, anzi un caso di umorismo involontario.
Alfredo: grazie della testimonianza, fa capire bene molte cose. Sull'atteggiamento di diffidenza forse si può lavorare. La prossima volta che passo da Roma magari passo a salutarla.
io penso che delle volte proveniate dalla luna...
scherzo, prof. Erzegovesi, anzi apprezzo questo spazio di confronto e approfondimento. Cio' detto:
1) i confidi non sono assolutamente attrezzati per la consulenza finanziaria alle pmi. Il confidi e' un luogo di back office amministrativo per la concessione della garanzia, con personale privo di competenze tecniche pro-consulenza. La consulenza richiederebbe conoscenze specifiche, "fiuto" nell'analisi dei documenti contabili delle pmi (sul cui grado di affidabilita' per le analisi e' meglio sorvolare) e capacita' pratica (la "palestra" di almeno 5 anni di front office che si ha solo nelle associazioni di categoria)
2) man mano il confidi diventa grande, il rapporto con la pmi si spersonalizza. E' un dato di fatto dovuto a controlli, procedure, ecc. ecc.
La PMI per natura e' flessibile, di conseguenza deve essere flessibile anche il consulente.
3) il vero rapporto e' fra confidi e associazione di categoria che lo ha promosso. Il primo e' uno STRUMENTO con cui si svolge il piu' ampio SERVIZIO dell'accesso al credito, compito dell'Associazione (che normalmente dispone di un proprio UFFICIO CREDITO).
Cordialmente,
@iaures: condivido il punto 1, il 2 ed il 3.
Ciò non significa che vada tutto bene. Anzi.
Il fatto che l'associazione dia il "SERVIZIO dell'accesso al credito" e che il confidi sia un mero strumento in mano dell'associazione è un'affermazione discutibile. E la discuto di seguito:
a) Non tutti i confidi sono di emanazione di una associazione. Assoconfidi enumera 351 iscritti, al registro di bankit ne sono registrati 745. La differenza non è tutto scarto di confidi inutili. Ce ne sono, ma non tutti.
b) I rapporti tra associazioni e confidi sono variegati nel variegato italico stivale. L'Emilia è una regione importante ma non si può generalizzare, non va dappertutto come in Emilia.
Infine, l'espressione: "il vero rapporto e' fra confidi e associazione di categoria che lo ha promosso" è alquanto infelice. Visti i presupposti (punti 1 e 2) caso mai il VERO rapporto dovrebbe essere tra associazione e impresa e, sul territorio, l'associazione, che ha il "radicamento territoriale" (qualcuno mi deve ancora spiegare bene bene questo concetto), dovrebbe seguire l'impresa anche da un punto di vista consulenziale e non solo amministrativamente.
Facciano le associazioni un bell'esame di coscienza e, anziché organizzare inutili ma normativamente previsti corsi di aggiornamento con i fondi europei, trovino il modo per entrare nel merito della gestione finanziaria, con corsi o con consulenza vera e propria e salvino le aziende migliorando la cultura aziendale. Di rappresentanti di categoria buoni solo a protestare con il governo di turno per coprire le inefficienze delle proprie aziende quest'Italia non ne ha più bisogno.
per gigi: mi scuso per le eventuali generalizzazioni, era solo per sintesi. Cio' detto:
il tema della gestione finanziaria della pmi (spesso microimpresa ma si ha vergogna a dirlo), posto che il confidi non e' idoneo a svolgerlo, perche' fa altre cose, è una questione aperta e quasi irrisolvibile fintanto che non mutano delle regole a monte:
- regole contabili
- regole fiscali
Fare analisi di bilancio non viene capito, presuppone imprenditori che attribuiscano alla scrittura contabile ed al documento finale di sintesi non il ruolo di adempimento fiscale ma di reale true and fair elemento di analisi gestionale.
condoni fiscali, contabilita' semplificate (fra l'altro, avendone i requisiti molto meglio di una ordinaria, perche' costano meno e consentono di non evidenziare "stranezze" in poste patrimoniali, qui mancanti) e catastizzazioni dei redditi tramite gli studi di settore, sviliscono sempre piu' il ruolo della contabilita', con una forte divaricazione fra teoria accademica e prassi.
Mi ricordo, tanto tempo fa, da giovane e brillante a pieni voti e cultore delle analisi di bilancio a mezzo indici e flussi (che costruivo a mano..) lo choc del lavoro ... con le pmi...
Jaures: da quanto dici sono le associazioni i soggetti più idonei a fare consulenza alla finanza delle Pmi. Chi nelle associazioni? Penso gli uffici e i centri servizi che tengono la contabilità. Bene, non mi risulta che la facciano, salvo eccezioni (e fanno di solito controllo di gestione o analisi del punto di pareggio, non ho visto spesso piani finanziari, budget di cassa, ecc.). Perché non la fanno? Perché le imprese non ne capiscono l'importanza? Era vero prima della crisi. Adesso tutti quei numeri servono, dal primo all'ultimo. Occorre fare qualcosa. Non so chi è il consulente ideale, è un entità astratta che non esiste. Io cercherei di risolvere il problema tangibile di dare assistenza all'impresa. Lascerei aperta la questione: può essere un esperto contabile dell'associazione, un istruttore del confidi, un consulente terzo. L'università può formare e mandare dei tirocinanti. Però, gentilmente, non è più tempo di chiudere la questione dicendo "Lo facciamo già noi". Questo vale ovviamente anche per i commercialisti.
Dobbiamo tornare a scuola tutti.
prof. Erzegovesi (Luca),
apprezzo molto il tuo impegno sui Businness Office, te lo assicuro ma i risultati arriveranno lentamente a mio modestissimo avviso. Questo non vuol dire che allora il progetto non debba manifestarsi. Comunque provo - da pratico - a rispondere:
1) parliamo di micropmi del commercio turismo servizi e dell'artigianato: tradizionali fruitrici dell'esternalizzazione gestionale (e del ricorso ai confidi). I servizi "finanziari" che possono avere appeal sono:
- redazione pratiche per garanzia Confidi (trainante)
- redazione pratiche per contributi a fondo perduto (a costi contenuti...)
- convenzioni di c/c bancario con validita' erga omnes, aggiornate mensilmente in base alle modifiche dell'euribor.
- novità che sembra un'ovvieta' ma e' una novita': l'analisi dei contratti di mutuo gia' perfezionati, per vedere come e se rinegoziarli e soprattutto degli estratti conto, con calcolo su foglio elettronico dell'onerosita' reale sulla base dei numeri creditori/debitori ecc. ecc.
La programmazione finanziaria, i budget economici e patrimoniali o addirittura i forecast sarebbero compiti bellissimi, anche per coloro che prestano questi servizi ma dipende dal tipo di azienda a cui ci si rivolge e al grado di "disclosure" dell'imprenditore. Forse negli artigiani grossi ma non abbastanza da avere una struttura interna (e sempre che non siano monocommittenti, dove c'e' poco da pianificare...)
ciao!
Come già evidenziato altre volte, anche jaures, che immagino essere dentro un'associazione, conferma la scarsità di domanda del servizio di consulenza da parte delle imprese.
Certo, le associazioni, se ci tengono ai propri iscritti, dovrebbero lavorare in tal senso, ma a sentire jaures dell'emilia, sembra che sia una partita persa.
Io non la penso così, sarà il gap generazionale, ma anche quando fosse così, non mi si dica allora che la colpa della crisi è delle banche che non danno soldi. Forse i fallimenti sono ancora pochi perché le imprese capiscano di aver bisogno di consulenza? Se veramente gli imprenditori sono come li descrive jaures allora forse è meglio che chiudano bottega e tornino a fare i salariati.
Io se fossi un imprenditore, però, prima cambierei associazione.
@ Jaures: sul punto 1) dovrebbe spiegarci su cosa i confidi concedono la garanzia. Non sono preparati? Non conoscono l'impresa? Non hanno fiuto sui documenti dell'impresa? MA CHE LAVORO FANNO!
Sul punto 2: ci spiega cosa intende per spersonalizzazione del rapporto? Anzi, come fa a conciliare questa affermazione con quanto detto al punto 3 (consulenza da parte delle associazioni?).
Scusi ma di che tipo di consulenza sta parlando?
Luca hai proprio ragione tu: è necessario tornare tutti a scuola!
Ciao Gigi anche questa volta concordiamo con te.
per Gigi:
io che lavoro da 11 anni dentro un associazione e che sono stato per 3 anni amministratore di una piccola banca (quindi di qua e di la' dal tavolo...) ho imparato un sacco di cose in tema di pmi, consapevole che non si smette mai di imparare. Ho voluto portare solo un mio contributo al dibattito, espresso in modo poco raffinato, ma senza voler fare o imbastire polemiche, sia chiaro eh..
Proprio per questo, lungi dal pensare che sia una partita persa, nel mio piccolo, cerco nei quotidiani colloqui con imprenditori di allargare il colloquio dal singolo estemporaneo fabbisogno finanziario da soddisfare ad un ambito piu' vasto, legato al controllo del circolante ad esempio ed alla redazione di sommari, semplificati, budget, oltre al ruolo del bilancio come primo biglietto da visita dell'azienda. Vi dico che si fa fatica e vi prego di credermi. Spesso sono bravissimi imprenditori ma si tratta di un lavoro "culturale" che necessita di molto tempo e di risultati che l'imprenditore possa considerare "quasi subito" tangibili.
penso che gia' fare un'analisi degli estratti conto in maniera sistematica sarebbe un gran risultato. Lo so che sembra una cosa che avvilisca il concetto di "consulenza finanziaria" ma secondo me e' un ottimo punto di partenza per poi - nei piu' sensibili - salire a "vette piu' alte". Dipende anche dalla dimensione d'impresa, naturalmente.
@nick e gabri: i confidi li conosco molto bene, in modo diretto, compresi pregi e difetti, senza voler con questo generalizzare.
Strutture snelle amministrative devono occuparsi: dell'anagrafica, dell'amministrazione, della segreteria (delibere, contributi in c/interesse ecc.), del contenzioso, delle controgaranzie Mcc e finanziarie centrali di categoria. Compiti impegnativi ma piu' di back office.
L'istruttoria su queste pmi e' piu' da soft information che non puo' che provenire da colloqui con gli imprenditori e si fonda (molto importante) sulla previa delibera bancaria e i confidi dovrebbero avere una struttura piu' ampia che consenta questi colloqui e la seguente attivita' di istruttoria.
Spesso sono le associazioni di categoria che provvedono tramite accordi ecc.
Il rischio della perdita di contatto non e' un mio sogno (o incubo) da folle ma e' - a torto o ragione - un elemento esistente di dibattito.
@ Jaures : la previa delibera bancaria? Ma è il giro del cerino !!!!
certo sapio, guarda che diversi comitati tecnici deliberano dopo la delibera bancaria e non prima.. ma e' anche comprensibile.
Nelle Pmi e' l'analisi andamentale (Cr Rischi, Crif, visure Ipocatastali, Protesti ecc.) oltre all'andamentale interno del confidi (l'impresa ha gia' estinto regolarmente 4 precedenti finanziamenti da noi garantiti, es.) ad essere molto importante e questi dati te li verifica la banca, che ne ha gli strumenti.
Credo che BdI non sarà contenta di saperlo. Ed anche il PV dei 107 ne risentirà negativamente, con riflessi sulla sostenibilità nel tempo del business.
ma guarda che sono sistemi che spesso hanno funzionato bene! Non bisogna buttare via tutto.
Ad esempio: il fatto che l'impresa abbia gia' una storia con il confidi fatta di puntualita' e serieta' nell'onorare i propri debiti vale molto di piu' a mio avviso di sofisticate per quanto affascinanti costruzioni.
Per meglio dire: o si dota il confidi di strumenti analoghi a quelli della banca (centrali rischi, crif ecc.) o altrimenti il patrimonio informativo rischia di essere limitato eccessivamente. A meno che, ad esempio i bilanci siano: non in contabilita' semplificata, non in forma abbreviata, con relazione del collegio sindacale che ne attesta l'attendibilita' (a sua responsabilita').
Jaures: il confidi potrebe dotarsi di un Business Office (non di sofisticate costruzioni), offrire anche consulenza qualificata, beneficiare direttamente della consulenza (notizie aziendali certe), seguire l'andamento dell'impresa e aiutarla anche a sbagliare meno. Questo non significa buttare il passato, ma guardare al futuro. La storia dell'impresa sicuramente conta, ma non basta più.
I 107 dovranno segnalare in Ceri e riceveranno il flusso di ritorno.
I 107 devono attrezzarsi per valutare (anche tramite l'andamentale) le aziende, grandi o piccole, ed applicar loro commissioni che consentano di mantenere il PV ai livelli regolamentari. Gli altri possono tentare di distribuire aiuti in forma di garanzia ma non è detto che sopravvivano di questo.
@nick&Gabri:
certo, io sono d'accordo con voi, la consulenza in questi campi e' importante. Voglio solo dire che e' un processo lungo e anche costoso perche' presuppone investimenti importanti ma soprattutto deve essere visto dal piccolo imprenditore come meritevole di una spesa. Questo e' il punto piu' difficile. Decenni di sottostima della gestione finanziaria non si cancellano in pochi anni, salvo una messe incredibile di delibere negative nella concessione del credito (ma poi le banche come campano...)
@sapio: va benissimo, ma ricordiamoci che deve sempre prevalere l'impresa di cui del confidi essa e' socia l'impresa e' socio e non cliente.
Insomma (non e' facile me ne rendo conto): contemperare rigore analitico con vicinanza alla (e realismo nei confronti della) piccola impresa.
Il progresso ha creato nuovi mestieri e ne ha fatto scomparire altri.
Ora è il momento dei Confidi: o garanti 107 o distributori di aiuti e/o consulenze.
Capire per tempo questo servirà ad evitare una tragedia sociale, quella che, Dio non voglia, potrebbe travolgere i dipendenti dei Confidi, non tutti ma alcuni. Forse troppi.
Mettiamo in analisi un ipotesi :
Un Confidi con 1000 soci tutti "garantiti".
Non 107 perche' il volume di garanzie è di circa 20. M.ni di €.
Erogato medio 90.000 € per azienda .
Funziona bene, ha 8 dipendenti ed un direttore.
Ha, da conto economico un volume d'affari di circa 750.000,00 € .
Chiude i bilanci, di norma, con utili modesti intorno ai 20.000,00 €.Dosa quindi i costi addebitabili all'impresa nel rispetto dei termini della mutualità.
Per offrire consulenza qualificata aziendale, o consulenza alla finanza senza esternalizzare, dovrebbe dotarsi di almeno altre 10 figure variamente qualificate.
Costi incrementati per circa 360.000,00 € viste le dotazioni annesse e connesse.
Delle 1000 aziende 150 sono gia' assistite dal servizio specializzato di consulenza per i fatti loro , 850 no' . Di queste 250 hanno volumi molto piccoli e solo 600 hanno o possono avere beneficio della consulenza.
Risultato possibile : solo 200 aziende, socie, possono essere beneficiate di una qualificata ed efficace consulenza, le altre 400 no'.(O incrementiamo di altri 10 o 15 dipendenti )
Costo da addebitare per azienda (con margine per il confidi ) 2.500,00 €.
Poche ? Facciamo 300 : costo da addebitare per azienda (con margine per il confidi) 2.000,00 €.
Andate avanti voi ..............perchè ho la sensazione di essere davanti ad un caminetto dal quale pero' esce molto fumo !
O si presta garanzia o si fà Business Office !
@ Nostradamus E' proprio come dici tu, il Business Office è una attività sostitutiva della, non più praticabile, attività di concessione di garanzie (eccezion fatta per la distribuzione di aiuti in forma di garanzie, se e quando ce ne saranno).
Sono tornato da Roma, un po' stanco delle 7 ore di autostrada, ma mi sono risollevato leggendo questo scambio di idee. Sono preziose le testimonianze di Jaures e Nostradamus, se si comincia a discutere partendo da quello che si fa siamo sulla buona strada. Quanto al business office che segue tesoreria e finanza: non partirei dal problema di introdurre di punto in bianco un'offerta per tutte le imprese socie di un confidi o di un'associazione (o clienti di un commercialista, perché no?). Non sarà mai così, sono d'accordo. Partiamo da uno, due, tre casi di imprese che hanno bisogno vitale di monitorare almeno una volta al mese la situazione di liquidità, pressate dai fornitori, dalle banche, con titolari angosciati. Andiamo a vedere di cosa c'è bisogno, facciamoci raccontare. Offriamo qualche mezza giornata di lavoro.
Io penso che affrontando dei casi e traendone degli insegnamenti possiamo arrivare, tra un anno, ad offrire un servizio di contabilità che dà con una modesta maggiorazione di spesa un budget di cassa e il bilancio preconsuntivo in formazione, il tutto con aggiornamenti mensili. La moglie del titolare carica subito le fatture via web, impresa e consulente vedono tutti e due il software gestionale, questo è integrato con dei modelli previsionali (anche dei semplici fogli di calcolo excel).
Partiamo da bisogni manifesti, inequivocabili, e confrontiamoci se quello che si può fare.
in realta' ci sarebbe a mio avviso una prima necessita', non strettamente contabile, da poter cogliere: la spiegazione delle garanzie.
In un momento in cui il tema "garanzie" sta diventando sempre piu' importante, sarebbe bello poter spiegare e consigliare l'imprenditore su come funzionano pegni, ipoteche, mandati a vendere, ipoteche fondiarie, fideiussioni, avalli ecc.
Spesso ignorano cio' a cui si impegnano e le conseguenze a cui vanno incontro.
Ad esempio: il fondo patrimoniale che sta conoscendo, a quanto sento da importanti dirigenti bancari, un certo irresistibile richiamo.
Spiegare agli imprenditori che e' (spesso) un cattivo consiglio che conduce alla revoca (o dimezzamento) dei fidi, che e' revocabile ecc. significa fare (contro)informazione finanziaria vera, a danno di chi con atti e atterelli vari lucra, adducendo pretesi vantaggi di salvaguardia del patrimonio personale.
quindi, semplifico, una "bozza" di business office molto semplice, articolato su:
- assistenza nei contratti di affidamento bancario (imprenditore, prima di firmare cio' che la banca ti sottopone, fammi vedere, nel tuo interesse!) per tassi, condizioni e garanzie.
- analisi estratti conto (calcolo onerosita' reale degli estratti, si imparano un sacco di cose sull'azienda, leggendo le "righe")
- per le aziende in contabilita' ordinaria un po' piu' aperte alla consulenza, quello che propone luca: un pacchetto preventivo di budget economico e patrimoniale.
ps - complimenti a luca per la passione che ci mette!
Buonanotte,
Si è particolarmente animato il presente post sulla consulenza alle imprese. Spero che ci possa essere vivacità, opinioni e spunti anche negli altri, in particolare l'1 e il 4, che possono permetterci di tracciare se sia sostenibile e meno oneroso per le imprese un nuovo modello di "fare" Confidi.
Per questo post condivido con voi la mia esperienza e in parte le soluzioni recentemente adottate che si possono solo intuire dalla presentazione.
La mia esperienza, fin da giovanissimo, non può altro che confermare la diffusa mancanza (non solo nelle imprese) di cultura finanziaria e, peggio ancora, della sensibilità sull'argomento. Tralascio esemplificazioni che altro non possono che confermare; un problema, oltre la micro dimensione, più di investimento in risorse umane, in passato per sensibilità e non per possibilità (le risorse per il capo reparto, lo stampista, ecc. si trovavano, per una funzione oltre la pura gestione burocratica amministrativa, meno).
Detto questo, ritengo che sia ingiusto, a distanza di 20 anni (per quanto mi riguarda), essere ancora fermi ad accusare che non c'è "terreno fertile" sull'argomento. Penso che la responsabilità maggiore sia dei finanziatori (e quindi anche nostra), che pensando di fare del bene (nell'ambito della mutualità) o del business (per chi eroga credito con finalità di lucro), di fatto fanno del male. Nella presentazione ho parlato, forzando, di "mutualità obbligata", sostenendo che le imprese farebbero tranquillamente a meno di sostenere oneri per offrire garanzie alle banche ma, se necessario, si adeguano. Ma la stessa cosa non è quindi possibile sul versante della "consapevole gestione finanziaria", quando la posizione finanziaria dell'impresa non è delle migliori e i margini di utilizzo dei fidi sono ridotti all'osso (o nulli) ? Quanto siamo responsabili per non "obbligare" le imprese ad una consapevole gestione finanziaria ? Pensiamo veramente di fare del bene concedendo credito senza che ci sia tale consapevole gestione dell'impresa magari ponendo a rischio la stessa casa dell'imprenditore, o del padre e via di seguito ?
Nella presentazione ho affermato che elementi qualitativi del passato (moralità, storicità, ecc.), sono meno determinanti per la solvibilità dell'impresa (importanti ma meno determinanti). Ho parlato di "nuovi elementi qualitativi" e, per quanto mi riguarda, sono stati introdotti e uno di questi è quello che nelle nostre disposizioni interne abbiamo definito la "consapevole gestione finanziaria", che unitamente ad altri elementi qualitativi, compongono la valorizzazione della "consapevole gestione dell'impresa". Bene, l'esperienza è veramente recente ma: sorpresa ! non c'è più il vuoto assoluto. A richiesta, riceviamo certamente in molti casi "il nulla" (e qui il nostro atteggiamnte è mutato, non di chiusura ma di apertura condizionata) ma in altri dei bei prospetti interni (in excel), atti a mostrare cosa potrebbe succedere negli utilizzi bancari a 2/3 mesi, tenuto conto delle entrate e delle uscite...
...Quindi calco la mano sulle nostre coscienze con un'esperienza vissuta che all'apparenza non potrebbe centrare nulla. Da giovanissimo direttore di un Confidi provinciale, con il mio primo Presidente mi trovai a parlargli circa la non piena soddisfazione di un collega che era certamente una brava persona ma, per una struttura piccola come la nostra che necessitava di dinamismo e versatitlità, forse non era totalmente funzionale. Ricevetti un colpo che la mattina dopo ero ancora stordito. Mi disse: "fabio, questo è un problema suo, troppo comodo che cerchi di fatto una soluzione in me. Faccia una cosa, si immagini alla fine del mese, con la sua mano destra di prendere il portafoglio e pagargli lo stipendio con i suoi personali soldi e si chieda cosa farebbe; poi, si comporti di conseguenza". Poche parole, anche se dure, trattandosi in particolare di dover decidere sulle persone.
Ora, cosa ognuno di noi farebbe se dovesse decidere di andare in banca a prelevare i propri risparmi per prestarli ad un'impresa che è in tensione finanziaria e che chi la governa non ha idea se tra un giorno, un mese, due mesi, sarà solvibile o meno, non avendo nulla in termini di pianificazione finanziaria ?
E' forse più facile rischiare i soldi degli altri che i nostri ?
Nella vita personale probabilmente, se siamo generosi, presteremmo i nostri soldi ad un amico o parente in difficoltà ma non li presteremmo se sapessimo che ha le mani bucate o avvia continuamente esperienze disastrose, in quanto sapremmo che gli faremmo più bene che male.
Costa tanto avere il medesimo buon senso nell'esercitare un'attività creditizia ?
Quindi, quanto siamo responsabili ogni qual volta apriamo le porte del credito senza unire tale apertura ad una consapevole gestione finanziaria ?
Ripeto, siamo consci che, in particolare, se il credito è altresi' garantito da firme personali, possiamo contribuire ad un dramma personale, familiare, ecc. ?
Per concludere, ritengo che oggi ci sia la possibilità e i mezzi, sia nell'ambito dei sistemi associativi che nell'iniziativa privata, per poter offrire supporti consulenziali continuativi, senza che gli stessi siano particolarmente onerosi. Come Confidi, in quanto finanziatori, personalmente vedrei meglio il ruolo di "indirizzo" e "sensibilizzazione", quale condizione di accesso alla garanzia nei casi in cui il profilo di rischio porti a ritenere indispensabile una consapevole gestione finanziaria. Certo, per chi vede l'attività come un possibile fonte di introito per il Confidi può pensare di esercitarla in casa; personalmente, ritengo che il coinvolgimento possa essere eccessivo e che la propensione al rischio addirittura aumentare.
Abbiamo fatto tanti bei dibattiti nel passato ma questo è il più bello. Grazie a tutti e avanti così.
Una domanda a Luca: non potresti organizzare un micro seminario sulla tua esperienza di Business Office? Io verrei ad imparare, e, credo, anche altri amici.
Sono costretto a scrivere poco perché devo mettermi in viaggio per Milano. Sono contento che Sapio condivida il mio entusiasmo per questo thread di discussione. Provo a sintetizzare: la domanda di un servizio come il business office sra maturando; aiuta il rapporto tra l'impresa e la banca, e tra l'impresa e il confidi; però (Cutrera) non è conciliabile con l'attività di garanzia, in quanto il consulente è anche "avvocato finanziario" dell'impresa e il concedente credito (di cassa o di firma) è la sua controparte, intelligente e disponibile, pur sempre una controparte.
Rimane allora aperta una serie di questioni: quale soggetto può svolgere in modo più idoneo la consulenza? (e qui si inserisce il tema della riconversione dei piccoli confidi che non reggono i rischi delle garanzie) Come strutturare l'offerta del servizio per avere qualità e costi contenuti? Come coordinare il servizio nei rapporti impresa-confidi-banca in modo che si sfruttino al massimo le sinergie operative e informative?
Sapio, hai ragione, organizziamo in maggio un workshop sul tema consulenza aperto a tutti quelli che sono interessati. Posso raccontare qualcosa della micro-esperienza del business point, ma soprattutto vorrei ascoltare altre esperienze e riflessioni, elevando a potenza gli spunti interessantissimi che abbiamo raccolto qui.
Mi ci metto la prossima settimana, perché stasera torno a Trento, ma domani riparto per il week end.
Oggi vi è, purtroppo, una totale sconoscenza sia degli aspetti finanziari che giuridici legati al credito, anche da parte delle imprese.
Quello che dice Jaures sulla sconoscenza delle forme e tipi di garanzia (aspetti comunque non semplici), sui contratti bancari, ecc. è giusto, ma bisognerebbe, poi, aggiundere (cioe spiegare) anche a quali conseguenze (civili e penali) gli imprenditori possono andare incontro in caso di scelte poco ponderate (aziendali, commerciali, amministrative, prevenzione contenziosi, ecc.).
Qui si tocca un tema a noi molto caro: quello della profilassi giuridica, economica e finanziaria.
La stragrande maggioranza delle imprese non presta attenzione non solo ai contratti bancari, ma anche a quelli propri dell'azienda stessa (quando li hanno!).
Le conseguenze, in caso di errori possono essere disastrose e, a catena, producono effetti negativi anche sui confidi garanti e sulle banche finanziatrici, e così a seguire a catena.
La sfida del futuro, come dice Fabio, è anche la sensibilizzazione (o meglio sarebbe dire alfabetizzazione - il termine è ripreso da un articolo dal titolo Come insegnare l'ABC della finanza a firma di Lusardi e pubblicato il 20 u.s. su Lavoce.info); ma non basta.
Con la crisi nulla sarà più come prima e quindi bisogna attivarsi al più presto.
Grazie per gli interventi tutti interessanti; il primo ringraziamento va, però, all'instancabile Luca ideatore del Business Office.
Il 4-5 maggio 2010 c'è a Roma il congresso annuale di Basilea. Chi desidera partecipare ad una cena (il 4 sera) fra di noi? Mi offro di organizzarla in un ristorante vicino la sede del congresso.
Mi farebbe piacere anche ci fossero Luca, Lorenzo Gai e Claudio D'Auria. Ovviamente tutti gli altri benvenuti. Fatemi sapere. Naturalmente io verrò incappucciato.
consiglio di lettura:
ho appena terminato di leggere un agile (ben fatto, concreto, utile e comprensibile) volume edito dal Sole 24 Ore, appena uscito nelle librerie:
Credito per le Pmi. La guida del Sole 24 Ore
di Maurizio Belli, Emanuele Facile e Giovanni Medioli. Costa forse un po' caro - 29 € - ma e' stato un buon acquisto.
Luca, (ri)troverai molti concetti a te cari... sul business office e sulle attività di consulenza, certo con un taglio non scientifico.
Jaures: grazie del consiglio, mi procurerò il libro.
Sapio: è una buona idea; non ero sicuro di venire alla convention ABI, ma se si organizza il ritrovo ho un motivo in più per venire.
Fatemi pervenire le adesioni all'ind. email qui sopra.
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