La crisi ha messo in evidenza forti differenze di esposizione dei confidi ai rischi di perdita inattesa da concentrazione per importi e diversificazione settoriale/geografica. Che cosa ci insegnano queste evidenze? I confidi possono permettersi di svolgere ancora la funzione di assicuratori del rischio? Tutti o soltanto quelli dei settori small business? Possono farlo, ma con sostegno finanziario pubblico; d'accordo, ma in quali forme e a quali condizioni il confidi è un veicolo migliore degli aiuti pubblici? Come fare per formare un portafoglio rischi non concentrato sulle posizioni deboli, ha senso pensare a forme di obbligatorietà, o di "normalità", dell'associazione ai confidi per le Pmi?
Luca
32 commenti:
L'estate scorsa mi sono incontrato per un "faccia a faccia" (durato alcune ore>) con un collega del settore artigiano che stimo per serietà e professionalità. Abbiamo parlato di tutto e in particolare di rischi di portafoglio. Nell'incontro gli ho spiegato che mentre da giovanissimo acquisivo esperienza nel Confidi locale di emanazione delle piccole imprese, cresceva vertiginosamente l'importo medio delle richieste di finanziamento; si compravano sempre più torni a controllo numerico e altri macchinari automatizzati e le cifre lievitavano. In quegli anni, siccome il patrimonio non aveva lo stesso tasso di crescita, ci chiedemmo se dovevamo abdicare al ruolo di garanti delle imprese che eravamo chiamati a sostenere o concentrare maggiormente il rischio. Operammo, come ritengo la pressoché totalità dei Confidi industriali, per la concentrazione del rischio e per quasi un decennio ciò non rappresentò un problema; il tasso di solvibilità delle imprese era ampio, operando in un contesto economico meno selettivo. Come sostenuto nella presentazione, il mondo ci è poi cambiato sotto i piedi, crisi a parte, che rappresenta un'aggravante. Ciò nonostante, ritengo che operiamo con un sistema creditizio che in particolare, per il credito chirografario a medio termine alle PMI di taglio tipico "industriale", per la concessione richiede garanzie Confidi. Ritengo inoltre che essendo un sistema economico appunto un "sistema", il sostegno a tale categoria di imprese è vitale, così come la presenza di un'importante quota di grandi imprese, in quanto danno di fatto lavoro al comparto delle imprese di minore dimensione (le micro imprese e artigiane di produzione, escludendo le attività artigiane che sono più delle arti e professioni, quali i parrucchieri, tassisti, ecc.). Quando mancano i soldi a delle piccole e medie imprese, di norma a cascata ci sono imprese artigiane e micro-piccole che soffrono. Non ritengo siano superati i Confidi prevalentemente attivi con imprese che richiedono interventi non particolarmente contenuti in termini assoluti di importo. Penso che il modello di operatività deve tenere conto di un contesto economico più selettivo e quindi si impone una maggiore capacità di essere "selezionatori" (valorizzando altresì nuovi elementi qualitativi), nonché, contemporaneamente, in grado di utilizzare tutte le forme di mitigazione del rischio di garanzia (Fondo compreso). Certo, tali Confidi, in situazioni di crisi sono più esposti e nel contempo nel concedere garanzie devono usare maggiore cautela; qui si può inserire l'intervento pubblico, non necessariamente come aiuto ai Confidi ma alle imprese, valorizzando l'intervento in termini di "de minimis". Nella presentazione (non affrontando la questione complessa sull'eleggibilità delle garanzie che potremmo a mio avviso meglio affrontare quando saremo quasi fuori da questo tsunami), ho citato l'intervento CONFIDUCIA della Regione Lombardia, che di fatto permette ai Confidi di finanziare fino a 500.000 Euro ogni singola impresa, rischiando direttamente massimo 125.000 Euro (il resto del rischio, grava sulle CCIAA e sulla Regione Lombardia). Meglio chiaramente sarebbe con una dimensione patrimoniale maggiore, a cui tendono i processi di aggregazione. In ultimo, in termini prospettici, come ipotizzato, mi piacerebbe si riuscisse ad elaborare un nuovo modello di Confidi, che valuta si il merito di credito e seleziona ma opera nel contempo con logiche di massa (nel comporato PMI) e simili al mondo assicurativo. Per poter valutare se tale ipotesi sia pura teoria o perseguibile e quali siano gli effettivi benefici per le imprese, necessità però di un precisa valorizzazione degli impieghi chirografari a medio termine del mercato di riferimento (l'habitat naturale come definito dal Professore e che sta sviluppando con un altro "post", per cui necessitano dati maggiormente disaggregati di Banca d'Italia).
Differenziate le commissioni in funzione del rischio o applicate le stesse commissioni a tutti? Questo è il punto!
Selettività e mutualismo sono in posizione di trade-off. La tradizione e la storia dei confidi spinge verso il mutualismo, le moderne tecniche finanziarie danno la possibilità di segmentare il rischio e differenziare le commissioni. Come già detto in altri post di questo blog, i confidi devono scegliere dove andare. Non tutti devono andare dalla stessa parte ma bisogna che siano consapevoli delle conseguenze pratiche a cui si espongono se fanno certe scelte strategiche. E' qui uno dei nodi cruciali dei confidi ed è significativo il loro silenzio in merito. Probabilmente i confidi (tranne rare eccezioni) non sanno dove andare. Non hanno una strategia. Il che non è una buona cosa. Senza strategia si è in balia degli eventi e delle contingenze e confidare solamente sull'intervento pubblico quando il latte è stato versato diventa un ridicolo piagnisteo. L'intervento pubblico ci deve essere ma deve essere inserito in una strategia consapevole a sostegno delle imprese e non per il salvataggio di confidi senza strategia. Altrimenti sono soldi spesi per mero consenso politico.
Gigi concordiamo totalmente con te. Il Business Office, poi,consentirebbe, amche in presenza di un finanziamento pubblico, di selezionare i progetti aziendali buoni da quelli cattivi, così raggiungendo lo scopo di offrire un valido sostegno alle imprese sane. E con effetti benefici per l'intero mercato!
P.S.: A proposito: ieri ci è piaciuta una frase di Corrado Passera pronunciata davanti a una platea di ragazzi alla sede della Luiss: 'Provate a chiedervi se fossi libero da qualsiasi condizionamento, se avessi la bacchetta magica, cosa vorrei fare? A volte fa scoccare la scintilla'. Allora proviamo a farla scoccare la scintilla!
ho letto e mi e' piaciuto l'intervento di Fabio Cutrera che pone interrogativi veri.
dunque, a mia opinione:
1) le commissioni devono essere diversificate (e vi sono casi in cui sono certo cio' avvenga) in base a:
- finalita' del finanziamento
- durata del finanziamento
- percentuale di garanzia confidi concessa
ossia COMMISSIONE = f(Finalita', Durata, Perc.)
Certo non e' un metodo puntualissimo ma intanto, per stare sul "possibile", rappresenta una prima scrematura.
2) occorre inserire dei depositi cauzionali sul finanziamento anche qui dipendenti dalle variabili di cui sopra, o almeno dalla percentuale di garanzia (dall'1 al 5% dell'importo).
3) occorre frazionare il rischio. Non e' possibile farlo per territorio, giacche' i confidi sono spesso territoriali (come le Bcc) mentre, tramite la caduta degli steccati statutari settoriali, e' possibile farlo questo frazionamento per settore
4) e' necessario porre dei massimali per impresa. Se siamo in presenza di mutui chirografi a medio/lungo termine (i mutui settennali chirografi, in grande crescita, sono a lungo termine) l'esposizione massima per impresa deve essere limitata (es. max 300 mila €, derogabili con apporto di garanzie reali)
5) ben piu' difficile e' il tema dell'analisi istruttoria. Manca spesso il materiale contabile con cui condurla efficacemente, senza che sia un mero esercizio intellettuale, manca l'analisi andamentale di pertinenza e di dominio delle banche (salvo un piccolo ma significativo andamentale interno al confidi sui pregressi finanziamenti chiro dell'impresa, puntualmente onorati), c'e' forte turnover aziendale che non consente il sedimentarsi di soft informations.
Ciao a tutti,
Jaures dell'emilia.
Sono anche io d'accordo con Gigi; il business office è fondamentale in un confidi. Abbiamo l'esempio del più grande confidi che con grande gioco di squadra sostiene le PMI anche con tale strumento.
sono in accordo con jaures dell'emilia su tutto tranne il punto 2)
Secondo me la cauzioni sono da abolire per questi motivi:
- Maggiore trasparenza nei rapporti con le imprese per il calcolo del costo effettivo dell'operazione (ISC);
- Eliminazione di ogni dubbio in merito alla natura o alla restituzione della cauzione.
- Minore esborso finanziario dell'azienda: importante soprattutto in questa fase di carenza di liquidità!
- Risparmio di tempo nella gestione amministrativa delle cauzioni (soprattutto nella fase di restituzione)
Ovviamente a fronte dell'eliminazione della cauzione di deve incrementare (in maniera trasparente senza aumentare l'ISC dell'operazione) il costo della commissione di garanzia.
cristiano le tue osservazioni sono ragionevoli, sul tema "depositi cauzionali" in tema di trasparenza, meno condivisibili qualora tu le intenda sostituire con un un incremento delle commissioni: un loro eccessivo incremento "gonfia" i bilanci dei confidi nei periodi di grassa, rischiando di dare la stura ad un aumento dei costi "operativi".
La cauzione e' certa nella sua finalita' e destinazione, anche se, ripeto, c'e' del vero in quel che dici.
ciao
Jaures
Aiutatemi a capire come si può aumentare la commissione di garanzia senza aumentare l'ISC?
Un'altra cosa mi ha colpito: fra le variabili che influenzerebbero la commissione non c'è il merito di credito, magari calcolato con un rating interno?
@sapio:
penso che cristiano intendesse che tutto deve essere riassunto nell'ISC e quindi no ai depositi perche' meno "trasparenti".
per il discorso rating: dipende su cosa si basa questo calcolo. Se fondato sui bilanci, nelle PMI, rischia di portarti nel fosso anziche' guidarti a una corretta classificazione.
Se si tratta di societa' con collegio sindacale si puo' incominciare a parlarne, altrimenti...
Intendevo dire che la commissione di garanzia va aumentata in modo tale che l'ISC rimanga uguale a quello precedentemente calcolato che teneva conto della commissione e della cauzione: se prima l'ISC dell'operazione(considerando commissione e cauzione) era 2%, dopo aver eliminato la cauzione si deve aumentare il costo della commissione in modo che l'ISC non superi il 2%.
Concordo che la commissione di garanzia va calcolata anche in base al merito di credito dell'azienda.
@Jaures
"un loro eccessivo incremento "gonfia" i bilanci dei confidi nei periodi di grassa, rischiando di dare la stura ad un aumento dei costi "operativi"
Cosa vuoi dire? non mi è chiaro questo passaggio.
Quali sono le variabili che potrebbero influenzare il rating interno? Perché una cosa è chiara, chiamatelo come volete ma una sorta di valutazione di affidabilità va fatta, ed in base ad essa stabiliti i compensi da chiedere all'impresa.
Sapio, sono d'accordo con te. Non si possono fare commissioni uguali per tutti in un mondo che cambia.
Sulla base della mia esperienza di confidi 107 o "prossimi" 107, uno dei principali problemi è la sostenibilità economica di lungo periodo e una diversificazione delle commissioni sulla base del rischio è fondamentale.
Non sono invece d'accordo con quanto proposto da Jaures. Se io faccio una rete di comissioni in base 5-6 variabili non ci si capisce più niente. E non solo a fini di trasparenza. Anche a fini gestionali, gestire diverse decine di commissioni diventa impresa ardua.
Per me le commissioni devono essre 5-6 in base solo al diverso merito di credito del socio.
In quanto al mutualismo che ne verrebbe a soffrire, capisco, ma mi chiedo: le BCC come fanno? Tassi uguali per tutti? Non credo proprio.
@Claudio D'Auria:
Guarda Claudio che un meccanismo di commissioni a griglia e' meno complesso di quanto immagini.
Se permetti, Ti faccio un esempio:
finanziamento per investimenti garanzia 30%. Commissione 0,3% dell'importo su base annua
durata 5 anni
0,3 per 5 = 1,5% del finanziamento (commissione finita)
finanziamento per liquidita' garanzia 50%
Commissione 0,6% dell'importo su base annua
durata finanziamento es. 7 anni
0,6% per 7 = 4,2% del finanziamento (commissione finita)
Basta dare al cliente un prospetto, e costruire insieme a lui durante il colloquio, date le variabili: percentuale di garanzia, finalita' e durata del mutuo, il costo finale.
@gigi:
personalmente preferisco i depositi cauzionali (mia opinione eh..) rispetto a commissioni piu' alte perche':
- in periodi con meno insolvenze da spesare (non questi periodi, va da se') commissioni piu' alte incrementano i ricavi potendo "solleticare" l'aumento di spese operative, di struttura ecc. magari poi non reversibili nei periodi piu' sfavorevoli. Non dico una novita': sono i rischi delle entita' non lucrative (vedi il Modello di Niskanen, che si studia in Scienze delle Finanze). Il deposito cauzionale non transita dal conto economico, la sua funzione e destinazione e' immediatamente riconoscibile.
Questo volevo dire,
ciao!
Jaures: le commissioni dovrebbero alimentare accantonamenti a fondi rischi, inoltre su operazioni pluriennali devono essere in parte riscontate, se pagate in anticipo. Se si fanno queste due cose in base a stime congrue di perdita attesa, non rimane molto per spese "allegre". Servirebbero buone pratiche condivise in merito a questi criteri, così come sul punto collegato del calcolo del taeg/isc.
Luca: e i costi del personale, di struttura, organi ecc come si fa a pagarli se i ricavi commissionali vanno accantonati a fondi? Non e' certo detto che siano sufficienti i proventi finanziari degli attivi liquidi o eventuali retrocessioni da parte delle banche.
Corretto contabilmente il tema del risconto ma tu sei sicuro che venga fatto cosi' il bilancio del confidi?
@ jaures: proprio questi sono i problemi dei confidi. In quest'ottica, da tempo ormai, si discute di sostenibilità economica della garanzia o del come eventualmente sopperirvi.
Certo i bilanci dei confidi di ieri sono molto diverso da quello che dovranno essere redatti domani....
E' vero i compensi fideiussori, su operazioni pluriennali, devono necessariamente essere riscontati. Avete idea dell'impatto dei risconti passivi sul conto economico nei primi anni di applicazione? si chiude necessariamente in perdita e che perdite. Da quello che so io sono pochissimi i Confidi che applicano i risconti passivi.
@ jaures
Non credo proprio che un modello nato per spiegare l'inefficienza delle burocrazie pubbliche (Niskanen) sia applicabile ai confidi solo perché condividono il fatto di non ricercare il profitto. Un confidi è, secondo me, più assimilabile ad un'impresa che ad una burocrazia pubblica, e soffre inefficienze di altro tipo, semmai. Senza entrare nel dettaglio teorico (ma alcuni nomi li faccio Berle & Means,Cyert & March, Simon, Marris, Baumol, Normann, etc.) ti basti pensare ai successi e all'efficienza di Grameen Bank, che non mi risulta essere a scopo di lucro, nonostante gli ottimi ricavi.
Certo ogni teoria va declinata. Che i confidi emiliani possano essere assimilati ad una burocrazia statale non è cosa che io possa né confermare né smentire, ma se tu hai esperienze in questo senso facci sapere.
Inoltre, come giustamente osservava Luca, le commissioni dovrebbero alimentare i fondi rischi i cui accantonamenti, possono dissuadere (nel senso tecnico di essere in alternativa a) l'aumento di spese inutili, e la cui funzione, per così dire, è di mutualità temporale (la vecchia storia delle vacche grasse e delle vacche magre di biblica memoria).
Gigi: giusto controbattere e contestare ma per favore non mettermi in bocca parole che non ho detto. Non intendo associare i confidi emiliani a burocrazie statali, in senso deteriore. Ne conosco infatti anche i pregi!.
ciao!
Se porti una teoria a conforto di una tesi ti porti dietro anche il contesto e le premesse in cui la teoria è stata formulata. Ricorrere all'autorità altrui per argomentare delle tesi va bene ma ha delle conseguenze. Non puoi parlare di cateti e dire che non hai mai parlato di triangoli rettangoli.
Non metto in bocca nulla a nessuno. Semplicemente faccio dei ragionamenti, altrimenti stiamo qui a blaterare e a dire quanto siamo bravi e a fare del benaltrismo.
A proposito dov'è andato Saccentino?
blaterare?
se pensi questo, allora posso anche ritirarmi anche se mi spiace.
Gigi sei un pozzo di scienza. Però se usi un tocco più lieve ne guadagnamo tutti. E Jaures: non te ne devi andare. Anzi, invita qualche collega delle associazioni per mantenere vivo questo confronto che ha preso una piega molto promettente.
@ jaures
non t'offendere, non ne avevo l'intenzione, ho, popperianiamente, sviluppato una discreta capacità falsificativa delle teorie (anche di mie, infatti ne ho poche)e la applico per cercare di analizzare criticamente la realtà;
il "blaterare" era in risposta al tuo post, ma al plurale per generalizzazione (me compreso) per cui non era rivolto a te, anzi era collegato al concetto "faccio dei ragionamenti": se ho dato ad intendere cose diverse me ne scuso.
Infine mi associo all'invito di Luca, non te ne andare, ma invita qualcuno delle associazioni che sicuramente arrichirà il dialogo.
Il mio invito a Saccentino, andava in questa direzione. Sicuramente ci sta leggendo, non è facile perdere il "vizio" di questo blog, e le sue argomentazioni mi mancano: se sono tutti d'accordo con me non c'è più gusto ;-) Sicuramente non si può sempre essere d'accordo su tutto e a volte si scivola (più o meno consapevolmente) anche nel tono e, ripeto, chiedo scusa per quando l'ho fatto. Ma la discussione è più ricca se sostenuta con chi ha opinioni diverse.
Una domanda sulla mutualità agli amici dei Confidi: le imprese sono consapevoli di questa mutualità? Mi spiego: una impresa sana, che pagando la commissione più di quanto dovuto per il suo profilo di rischio, sovvenziona il concorrente in difficoltà (o male amministrato) è consapevole dell'atto che sta compiendo o non glielo dite? Lo deve capire da solo?
@Sapio:
migliaia di pratiche confidi fatte da me e dai miei collaboratori nel corso degli anni, ciascuna preceduta da almeno 1 colloquio mediamente di un'ora (ma spesso sono due colloqui oltre a telefonate) con l'imprenditore mi portano a risponderti cosi':
- a memoria nessun imprenditore si è mai domandato se la commissione che paga copre anche il rischio di altre imprese meno solide. In quel momento lui ha in testa solo se stesso e la propria esigenza da soddisfare. Non si perde quindi in considerazioni generali o riflessioni sul funzionamento mutualistico.
- tieni inoltre presente che ricorrere (magari per la prima volta) alla garanzia mutualistica è visto dall'imprenditore (che prima era direttamente assistito dalla banca) è autopercepito come un segnale di sua debolezza (o di ingordigia di garanzie da parte della banca)spesso dalla banca lenito con la pillola indorata (benche' spesso vera): ti mando a fare una pratica confidi perche' i tassi sono piu' bassi... (in realta' nel retrosportello consulente - bancario, il prius e' la ricerca di garanzia..)
@ Jaures: la mutualità funziona se c'è un mutuante (l'impresa che sta bene) ed un mutuatario (l'impresa che beneficia dell'aiuto). Da quel che dici hanno tutte bisogno d'aiuto e nessuna ne da? O è tutto ben nascosto e quello che paga per l'altro non si accorge di farlo?
(1) brutalmente e rozzamente: la mutualita' funziona (anche)se ogni anno ci sono apporti pubblici ai fondi rischi;
(2) la "discriminazione" in base al rischio d'impresa intrinseco avviene gia' lato (maggiori)banche che applicano spread differenziati visibili nelle tabelle delle convenzioni confidi
(3) nell'esperienza che conosco, la "discriminazione" commissionale si basa su altri elementi, di facile spiegazione e(quindi) compresa dai piccoli imprenditori: finalita' del finanziamento (una garanzia per liquidita' costa di piu' di una garanzia per consolidamento debito che costa di piu' di una garanzia per investimenti, percentuale di garanzia (30% o 50%?), durata del finanziamento.
(4)la logica associativa fa accettare di buon grado eventuali considerazioni e sussidi incrociati fra imprese (io pago per te ma magari domani sarai tu a farlo per me). Ripeto: non ho mai sentito recriminazioni in questo senso.
Tutto questo conduce a considerare le imprese sempre più e inesorabilmente come clienti.
I quali potranno essere soddisfatti oppure no. In tal caso, potranno, quanto meno, cambiare 'assistente' rivolgendosi a quello percepito come più vantaggioso...
Mutualita': vuol soltanto dire pagare tutti lo stesso prezzo? Ci sono forme di mutualità diverse? E qualora non si riscontrasse più la sua presenza cosa accadrebbe? Quali i risvolti, anche fiscali, per il confidi?
Mi inserisco per chiedere il contributo di ognuno a riguardo il titolo del post. Non vorrei apparire antipatico ma si aprono a mio avviso continue parentesi, certamente interessanti, che ci fanno però perdere l'obiettivo del post. Ho postato per primo sostenendo che vedo ancora un ruolo futuro anche per i Confidi attivi con una dimensione di imprese non proprio micro-piccola, con però maggiori criticità e con un ruolo che dovrà necessariamente fondarsi sulla capacità di selezionare (e come conseguenza garantire). Nel contempo, intravedo un futuro mutualistico Confidi diverso (vedasi parte finale del post di testa) e sarei veramente grato se, argomentando, si potesse discuterne e magari, se l'intuizione si rivelasse degna di essere approfondita, individuare un modello sostenibile.
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