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giovedì 9 febbraio 2012

Goodhart: diamo un rating sovrano anche al rischio di inflazione

L'intervento dell'economista inglese Charles Goodhart su voxeu.org è un esempio di onestà intellettuale: i gilts del governo britannico hanno un rendimento intorno al 2% e un rating AAA, nonostante un'inflazione superiore al 3% e una situazione del debito (privato e pubblico) molto pesante, con una Banca centrale che stampa copiosamente sterline per sostenere un sistema bancario e un'economia entrambe pericolanti.
In confronto, le OAT (titoli del Tesoro francese) sono un rifugio più sicuro per gli investitori, a dispetto del loro rating declassato ad AA+. Perché? Perché il loro rendimento atteso in termini reali sconta un'inflazione più bassa di quella inglese. Negli ultimi tre secoli, le finanze dell'Impero (o del Regno) Britannico non hanno mai tirato bidoni agli investitori, nel senso che non si è mai registrato un default sul debito. E questo nonostante la dilatazione del debito sopra il 200% del PIL dopo le tre maggiori guerre (quelle napoleoniche, la prima e la seconda guerra mondiale). Però l'apporto di capitali non è stato esente da rischio: ad esempio, i consol inglesi (titoli irredimibili) nel 1946 quotavano £104,7;  nel 1986 quotavano £34,75, e nel frattempo l'indice dei prezzi saliva da 27 a 385,9 (1974=100), di circa 13 volte. perciò il valore in termini reali nel 1986 era 1/40 (il 2½%) di quello del 1946, una tosatura di potere d'acquisto del 97½%! Su quarant'anni, d'accordo, non su quattro.
Il rating sovrano delle agenzie misura il rischio di default, che stiamo toccando nella ristrutturazione del debito greco, foriera di una perdita di valore del 70% circa rispetto al nominale in essere. Secondo Goodhart, nel mondo del quantitative easing, della moneta stampata copiosamente e messa in circolazione a tassi irrisori dai paesi giudicati a prova di default, dei rendimenti a lunga scesi a minimi storici, il mix di inflazione e rialzo dei rendimenti (e andamento del cambio, per i capitali esteri) può far male quanto un'insolvenza conclamata. Ci vorrebbe quindi un rating anche per il rischio inflazione.
Su questo punto, i mercati oggi paiono tranquilli (lo testimoniano le opinioni sui meriti di Bernanke raccolte in questa news di Bloomberg). Come negli anni della great moderation, squilibri finanziari imponenti coesistono con un'inflazione contenuta e apparentemente sotto controllo. Si sa che la tranquillità è il frutto di interventi straordinari, ma i più sono fiduciosi sul ritorno senza traumi alla normalità. Stampa questo post

1 commento:

Gigi ha detto...

Tra il default e l'inflazione la differenza è solamente la velocità.
Potremo definire il default come un'inflazione bruciante. O l'inflazione come un default lento e più digeribile.