Nel decreto
Salva-Italia di dicembre (vedi post) sono stati introdotti nuovi obblighi informativi dei contribuenti verso l’Agenzia delle
entrate (movimenti bancari). Inoltre, si è aggiunto un regime incentivante per l’invio volontario da parte delle imprese di
dati analitici relativi a fatture e corrispettivi.
Sull’opportunità di queste previsioni si può discutere. E’
certo che comporteranno oneri aggiuntivi
per la raccolta e l’invio dei dati, per non parlare dei costi giganteschi del sistema informativo
centralizzato che dovrà acquisire, verificare e archiviare questi dati.
C’è un problema grave di cui nessuno parla: le imprese non traggono nessun beneficio da
questa massa di dati che vengono trasmessi alle Pubbliche
amministrazioni.
L’ossessione del rispetto di norme snatura i sistemi
informativi aziendali, che perdono la loro prima funzione, quella di fornire
all’imprenditore gli elementi per cogliere la situazione dell’impresa e per prendere
decisioni gestionali corrette. In un corso universitario basato su studi di caso
aziendale (Laboratorio di pianificazione finanziaria), ho avuto modo di
contattare diverse strutture professionali che prestano servizi di consulenza
in materia contabile e fiscale. Mi sono reso conto che la popolazione delle micro e piccole imprese non ha un controllo di
gestione, una pianificazione di cassa, un minimo di consapevolezza del
costo del credito bancario.
Queste carenze sono ancora più sconcertanti se si pensa alle
cifre importanti che le imprese spendono
per sistemi e procedure: un’impresa utilizza, in casa o in outsourcing
presso consulenti, un sofwtare per la
fatturazione, uno per il bilancio, uno per le paghe, altri per esigenze
specifiche di settore (contabilità cantiere, norme sanitarie, qualità, ecc.).
Tutti mondi separati, che non consentono di estrarre dati in formato digitale,
secondo formati condivisi. Fare un’analisi economico-finanziaria è impossibile,
o terribilmente costoso.
Certo, la non trasparenza dei sistemi informativi è in parte
voluta dalle imprese per nascondere al Fisco il reddito prodotto, a danno della
collettività. L’imprenditore però non considera il danno a lui stesso provocato
dall’opacità della gestione: scelte errate o tardive, sprechi. Disfunzioni che
si trasmettono ad altre imprese lungo le catene di forntitura.
Da questa diagnosi ho preso spunto per formulare una proposta finalizzata all’obiettivo di trasparenza delle rilevazioni aziendali. La proposta, in concreto, prevederebbe
le seguenti azioni:
- dare incentivi ai consulenti (commercialisti e società di servizi) e ai software vendor per innovare i servizi offerti in direzione della fornitura di un servizio di data warehouse integrato, al quale attingere i dati per il controllo di gestione e per i controlli fiscali, e anche per altre esigenze (ad esempio, per rilevazioni dell’ISTAT, o per le istruttorie di fido delle banche e dei confidi); questa innovazione, che appare strettamente tecnica, in realtà sottintende un cambiamento sostanziale dei modelli di offerta dei servizi di consulenza amministrativa in senso lato per le Pmi (formazione del personale, software, uso di tecnologie web, ecc.);
- promuovere lo sviluppo e l’adozione di formati standard digitali per la trasmissione e l’elaborazione delle informazioni contenute nel data warehouse; progetti in tal senso potrebbero essere sostenuti dall’Associazione XBRL Italia (XBRL è lo standard per la rappresentazione digitale di dati aziendali, che è utilizzato per il deposito obbligatorio del bilancio presso il Registro delle imprese);
- eliminare o alleggerire gli obblighi di invio diretto all’Agenzia delle entrate di dati contabili e bancari, assicurando che i suddetti formati standard digitali soddisfino le stesse esigenze informative; in contropartita, l’Agenzia avrebbe accesso a viste dei data warehouse con tecnologie web (portali, ecc).
- dare incentivi alle imprese che si spingono su questa linea di maggior trasparenza interna ed esterna della loro gestione; si può trattare di incentivi “di mercato” (ad esempio, vantaggi nell’accesso al credito concordate con le banche e i consorzi di garanzia fidi), oppure di facilitazioni nei rapporti con la Pubblica amministrazione (ad esempio, limitazione della probabilità di subire accertamenti “automatici”, oppure riduzione degli oneri per il deposito dei bilanci e degli atti presso il Registro delle imprese)
E’ importante sottolineare lo spirito di questa proposta: al
centro si mette l’obiettivo di far crescere la qualità delle informazioni a
supporto delle scelte gestionali e direzionali delle imprese, e quindi la
qualità della gestione finanziaria. Si tratta di un’esigenza dotata di una
propria autonoma rilevanza, e motivata da vantaggi che l’imprenditore è in
grado di cogliere.
La proposta di incentivare questo processo anche con
vantaggi di carattere fiscale, o inerenti i rapporti con la PA, è un fattore complementare e convergente.
Che ne pensate? Se siete d'accordo, fareste circolare questa proposta nei vostri ambienti?
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