La crisi ci costringe ad allargare la visuale per capire le origini e le ripercussioni dei problemi che ci toccano da vicino. In questo spirito, vi segnalo il CGFS report on capital flows and emerging market economies del Committee on the Global Financial System, uno dei comitati promossi dai paesi del G-10 presso la Banca dei regolamenti internazionali (come il più anoi noto Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria).
Nello studio si osservano i nessi tra afflussi di capitale dall'estero e vulnerabilità alle crisi nei paesi emergenti. I forti afflussi, ne abbiamo visti molti esempi, determinano una crescita drogata dell'economia e del valore degli asset, e il conseguente sgonfiamento innesca crisi di varia morfologia (di bilancia dei pagamenti, del cambio, bancarie, di finanza pubblica). Il sistema resiste meglio quando dispone di una rete solida di istituzioni finanziarie domestiche, non troppo dipendente dalla raccolta estera.
E' un problema che ci riguarda, perché i nostri gruppi bancari, non soltanto quelli maggiori (mi viene in mente il caso di Veneto Banca), hanno una presenza forte nell'Europa dell'Est. Questo non per dire che dobbiamo allarmarci perché ci cadranno in testa i problemi di quei paesi, ma per sottolineare la responsabilità nostra verso queste economie giovani, che nello specifico è quella di aiutarle a sviluppare una rete solida di istituzioni finanziarie domestiche.
Luca
PS 4/2: Che coincidenza! Sulle esposizioni dei gruppi italiani nell'Est Europa, è uscito oggi un articolo di Moyra Longo "Banche all'Est: Vigilanza in azione" sul Sole 24 ore a pag. 5. Cita Unicredit, Intesa e Veneto Banca. Tutti rassicurano.
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