Ringrazio Sapio per la puntuale segnalazione di un intervento dell'economista Franco Bruni su La Stampa, "Il ritorno della società degli amici". Nel pezzo si osserva la deriva in atto verso un'economia di relazione, di respiro locale e incline alla domanda di protezione e ai reciproci scambi di favori con la politica. Bruni è preoccupato della crisi di rigetto verso la globalizzazione e l'apertura dei sistemi economici alla concorrenza, verso un sistema di incentivi dove (cito) "il successo dipende .. dalla capacità di produrre in modo innovativo, proponendo a 'tutti' scambi istantaneamente convenienti e continuamente sottoposti alla concorrenza di possibili alternative proposte da altri". Ecco il suo giudizio sulle reazioni agli impatti finanziari della crisi:
La crisi suscita un’economia di relazione anche perché è cominciata e radicata nei mercati finanziari. Infatti la finanza ha fallito proprio nella sua configurazione anonima e globale. Hanno deluso i contratti finanziari scritti, diffusi, prezzati con i computer, con formule e schermi accessibili contemporaneamente da Hong Kong e Reykjavik. Ha deluso e spaventato l’astrattezza e la virtualità di titoli, apolidi e sofisticati al punto che è difficile capire i rapporti di produzione e scambio sottostanti e «sentirne l’odore». La crisi ha dunque rivalutato quella che gli economisti chiamano proprio «finanza di relazione», il credito bancario fornito in forme semplici a imprenditori conosciuti, la gestione del risparmio con prodotti standardizzati, scelti «allo sportello» fra interlocutori che si conoscono e vogliono mantenersi in relazione. È vero che ci sono anche le relazioni truffate di Madoff: ma sono stranezze per milionari cosmopoliti: un’irrilevante eccezione.Bruni scrive del "Paradiso perduto", ovvero della finanza globale degli ultimi anni, che "non è stata adeguatamente governata". Una finanza anonima e globale, ma innovativa e stimolatrice dell'investimento efficiente, con qualche mela bacata che però è un'eccezione.
Ammiro il suo coraggio nel difendere il mito dei mercati finanziari efficienti dopo che i fuoriclasse della finanza-globale-libera-di-innovare-e-far-crescere-l'economia ne hanno combinate di tutti i colori e adesso non sanno che pesci pigliare. Anche loro, tra Wall Street, la City, il Dipartimento del Tesoro, ecc, sono una "società di amici" che oggi compete con le altre lobby per gli aiuti statali. Madoff, purtroppo, non è un'eccezione: la finanza che ha guidato la galoppata verso il baratro è stata una fucina di schemi alla Ponzi, ha vissuto di bolle da cavalcare, di utili di trading insostenibili gonfiati da maree di liquidità che poi si sono ritirate lasciando relitti incagliati nelle secche. Anche dopo la crisi, tutti costoro sono ancora alla caccia del prossimo rally di mercato, lunghi sullo yen, corti sulla sterlina, comprate i subprime a prezzi da saldo, tutti sui titoli di Stato a breve, a un anno, a cinque, prezzi su, poi giù. E' questa finanza che rimetterà insieme i pezzi e ci farà ripartire? Io non mi fido.
Luca
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