Il blogger senza nome di Finem respice (mia recente scoperta) è molto critico sulla proposta di insigni giuristi USA volta a generalizzare il cram down nelle procedure esecutive contro i mutuatari insolventi. Il cram down è una transazione con la quale si impone una ristrutturazione del debito (con perdita secca per la banca) evitando l'escussione dei beni del debitore. Il procedimento non è vessatorio per il creditore se il giudice dimostra che in caso di liquidazione le perdite sarebbero state maggiori. L'istituto è stato recepito nel nostro concordato preventivo (vedi paper del rimpianto Flavio Aldrighetti, nel senso che non lavora più qui, di salute sta benissimo).
Secondo finem respice questo tipo di soluzione alla crisi si presta a pericolose manipolazioni populistiche e toglie alle banche l'unico punto di appoggio solido della valutazione del rischio di un mutuo (prestito che negli USA è di fatto non recourse, nel senso che la casa è tutto quello su cui la banca può rivalersi).
Anche Roubini in una recente video intervista giudica inattuabile il cram down, ma per motivi opposti: è una procedura giudiziaria farraginosa che può durare anni, per prevenire vendite coattive di massa serve una remissione del debito di massa. A conferma del motto secondo cui un debito pesante è un problema dell'obbligato, ma un debito esagerato è un problema della banca.
Luca
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