Ammontano all'85,8% le adesioni degli investitori in titoli soggetti al diritto greco, pari a 152 miliardi di euro mentre quelli sottoposti al diritto britannico hanno consegnato 20 miliardi pari al 69% del totale. Sui primi il Governo greco ha fatto scattare le Clausole di Azione Collettiva (CAC), che costringono ad aderire allo swap anche i creditori non consenzienti. Questo ha portato la quota di adesione al 95,7%.
Rimangono fuori 7 miliardi di debito verso privati, detenuto da investitori che stanno a guardare e sperano di portare a casa condizioni migliori di quelle offerte nello scambio. Il ministro Venizelos ha detto di non sperarci.
L'attivazione delle CAC ha costretto l'ISDA a riconoscere la natura forzosa (non "volontaria") della gigantesca ristrutturazione. L'ISDA EMEA Determination Committee ha quindi deliberato all'unanimità l'occorrenza di un restructuring credit event della Repubblica Ellenica. Questa decisione attiva a sua volta i contratti di credit default swap sul debito greco: i venditori di protezione dovranno indennizzare i compratori per la caduta di valore dei titoli sottostanti il CDS rispetto al valore nominale (con possibili variazioni delle specifiche clausole). Se l'ISDA non l'avesse fatto, l'intero mercato dei credit derivatives si sarebbe squalificato, perdendo credibilità, come dicevo qui. Ne andava di mezzo l'impalcatura di credit risk transfer che sorregge l'adeguatezza patrimoniale delle principale banche globali. La ritrovata credibilità costerà alle parti "assicuratrici" dei CDS una somma che non è ancora nota. Meno di quanto si immagina, probabilmente: si stima che i CDS sul debito greco, al netto delle compensazioni long/short, coprano un nominale di 3,16 miliardi (in dollari). Il fallimento Lehman Brothers aveva fatto scattare pagamenti per 5,2 miliardi di dollari, e la liquidazione era filata liscia, senza i temuti rischi di default a catena per rischio di controparte. Il mercato dei CDS è molto dinamico e le posizioni importanti girano in un club ristretto di operatori: ora che l'evento di default è determinato, penso che tutti si siano aggiustati per arrivare senza traumi al momento della verità. I pagamenti netti agli assicurati dovrebbero quindi essere inferiori ai 3,16 miliardi di cui sopra.
Capire chi ci guadagna e chi ci perde in questa operazione è complicatissimo.
Nouriel Roubini sul Financial Times invita a non piangere per i poveri investitori privati, che con lo scambio non perdono molto rispetto al valore corrente di mercato dei titoli vecchi, incassano uno sweetener di 35 miliardi di euro in contanti e ottengono per la differenza titoli sì a lunghissimo termine e cedola ridotta, ma soggetti al diritto britannico, quindi meglio difesi da future ristrutturazioni forzose. Il grosso dei rischi di trasferisce sui finanziatori ufficiali (EFSF, FMI e BCE) nonostante che non sopportino subito una decurtazione di nominale. Sono loro ad averci messo la faccia, dando una garanzia implicita su futuri interventi (molto probabili) nel caso in cui alla Grecia serva un altro aiutone per non bloccare i pagamenti.
Sempre sul Financial Times Gillian Tett stigmatizza l'oscurità dei mercati dei CDS, dei repo, dei titoli strutturati. Questi mercati, sui quali si spostano, e a volte collidono, gigantesche masse di rischio di credito e di equity, sono dominati da poche istituzioni e per nulla trasparenti. Questo è paradossale, se pensiamo alla filiera di organismi di controllo e supervisione, a livello nazionale e sovranazionale, e alla massa di segnalazioni statistiche a cui gli intermediari sono tenuti. Eppure questa massa di dati non è sistematicamente elaborata per ottenere un quadro preciso e aggiornato di quanto rischio c'è nel sistema e di come è distribuito. Gillian cita uno studio di Fitch (scaricabile con registrazione gratuita) sul mercato dei Repo (pronti/termine) USA, quello che finanzia le posizioni in titoli pubblici, ipotecari, corporate, strutturati e azionari: Fitch ha elaborato, una per una, le schede di segnalazione alla SEC inviate dai fondi di mercato monetario per ricostruire la distribuzione delle posizioni per sottostante e per intermediario. E' il mercato che tiene in piedi la liquidità delle securities sottostanti e della quasi moneta (le quote dei fondi monetari) che ultimamente lo finanziano. Tutto passa dalle mani di due operatori (New York Mellon e JP Morgan Chase).
Ora che la liquidazione dei CDS sul default greco (primo di una serie?) si avvia ad essere graziosamente accomodata grazie al combinato disposto degli interventi pubblici e dello scambio con privati, i paladini dei mercati finanziari moderni diranno "Avete visto? Tanta paura per niente. Sappiamo quello che facciamo e rispetto a un Fondo salva-stati ci muoviamo prima e con le idee più chiare. Non ci facciamo prendere con il cerino in mano." Mah! Ci vuole una grande improntitudine per negare che dalla crisi in poi il sistema bancario internazionale ha retto per i soldi che gli Stati hanno iniettato direttamente nel capitale e indirettamente con gli investimenti in titoli e il rifinanziamento strutturale delle banche centrali. C'era una massa di rischio che girava e che nessuna banca era in grado di coprire, ed è franata sulla finanza pubblica.
Questa massa di rischio c'è ancora. e' tempo di farla emergere dalla penombra, nelle statistiche della BRI e del FMI, e in un'informazione finanziaria corretta e non emotiva.
Sarebbe un buon primo passo nel lavoro immane di smaltirla.
1 commento:
Non ho capito se i CDS potevano essere comprati da chiunque o solo da chi ne deteneva il sottostante. Nella prima ipotesi c'era un interesse diffuso al ribassismo per aumentare il valore dei CDS e guadagnare sulla compravendita.
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