Ho letto con molto interesse questo report (scaricabile previa registrazione gratuita) sulle performance delle obbligazioni a basso rating (da BB in giù) negli Stati Uniti. E' un mercato che pesa più di un trilione (1.000 miliardi) di debito in essere. I tassi di default stanno risalendo dopo i valori minimi della prima metà del 2011.
Il 30% delle 67 società che nel 2008 hanno effettuato scambi o ristrutturazione di debito distressed pre-esistente sono andate in default negli anni seguenti. Cresce la quota di emissioni con rating CCC o peggiore.
Dall'Italia, questi dati sembrano segni di fragilità di un mercato. Dagli USA, sono segnali di forza e di vitalità: il mercato del debito obbligazionario è rimasto attivo negli anni della crisi, in prevalenza per rinnovare debiti in scadenza. Ha fatto persino segnare nel 2012 un rally trainato dalla caccia al rendimento. In questo mercato si trovano ricchi rendimenti nominali ma anche frequenze di default e LGD più alte e, soprattutto, più oscillanti e e mosse da una perversa correlazione (per cui quando i default toccano il picco, anche le LGD si dilatano).
Sui prodotti c'è l'etichetta "speculative grade", l'investitore è avvertito. Vista un po' cinicamente, è una valvola di sfogo che in Italia non c'è: facile che queste esposizioni rimangano nei portafogli corporate delle banche (gli scandali Cirio e Parmalat hanno insegnato quanto faccia male alla reputazione scaricarli sugli investitori privati). Negli USA c'è una domanda istituzionale di debito di bassa qualità o persino distressed. Non è la San Vincenzo, ma sono pur sempre capitali disposti ad accollarsi rischi.
Il 30% delle 67 società che nel 2008 hanno effettuato scambi o ristrutturazione di debito distressed pre-esistente sono andate in default negli anni seguenti. Cresce la quota di emissioni con rating CCC o peggiore.
Dall'Italia, questi dati sembrano segni di fragilità di un mercato. Dagli USA, sono segnali di forza e di vitalità: il mercato del debito obbligazionario è rimasto attivo negli anni della crisi, in prevalenza per rinnovare debiti in scadenza. Ha fatto persino segnare nel 2012 un rally trainato dalla caccia al rendimento. In questo mercato si trovano ricchi rendimenti nominali ma anche frequenze di default e LGD più alte e, soprattutto, più oscillanti e e mosse da una perversa correlazione (per cui quando i default toccano il picco, anche le LGD si dilatano).
Sui prodotti c'è l'etichetta "speculative grade", l'investitore è avvertito. Vista un po' cinicamente, è una valvola di sfogo che in Italia non c'è: facile che queste esposizioni rimangano nei portafogli corporate delle banche (gli scandali Cirio e Parmalat hanno insegnato quanto faccia male alla reputazione scaricarli sugli investitori privati). Negli USA c'è una domanda istituzionale di debito di bassa qualità o persino distressed. Non è la San Vincenzo, ma sono pur sempre capitali disposti ad accollarsi rischi.
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