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venerdì 24 febbraio 2012

The Economist: il peer-to-peer financing per finanziare le Pmi

Nel rapporto speciale sull'innovazione finanziaria pubblicato nell'ultimo Economist c'è un riquadro sulle forme innovative di finanziamento delle Pmi. Nel Regno Unito si ritiene che i gruppi maggiori lascino un vuoto nell'offerta di credito alle Pmi. Nuovi intermediari sono nati per riempire il gap.
Ad esempio, la Shawbrook Bank offre alle Pmi prestiti con procedure più snelle e mirate; offre anche conti di risparmio per far rendere di più la liquidità dell'azienda.
Spostandoci verso innovazioni più radicali, troviamo i modelli di crowdfunding e di di peer-to-peer lending.
Crowdcube raccoglie piccoli capitali e li convoglia verso nuove imprese sotto forma di  apporti all'equity. Gli investitori possono scegliere il tipo di iniziative in cui mettere i soldi, e anche con piccoli importi si può diventare venture capitalist in numerosi progetti.
The Funding Circle è invece una piattaforma di peer-to-peer lending. Gli investitori depositano capitali che sono frazionati in prestiti (a medio-termine, 2-3 anni) a imprese affidabili. Il pricing è fatto mediante aste. Per il co-fondatore Samir Desai questi circuiti impersonali non sono un handicap perché in realtà la piccola impresa non cerca la relazione personale, ma i soldi, a costi vantaggiosi.
In Italia abbiamo avuto forme analoghe di social lending come Zopa, che però, dopo le contestazioni sollevate dalla Banca d'Italia, ha sospeso l'attività. Oggi si ripropone come Smartika, intermediario iscritto all'albo degli Istituti di pagamento ex art. 114 septies del T.U.B. Recentemente ho commentato l'appello a prestatori privati (seiconme?) fatto da un "imprenditore del nord". Potremmo aggiungere alle opportunità della specie altri strumenti: i bond delle Srl, finanziamenti ibridi e mezzanini, e altro ancora.
Un'innovazione che piacerà a Gigi è quella del Receivables Exchange, lanciato a New Orleans nel 2007: consente a una comunità di investitori di acquistare crediti verso Pmi documentati da fatture. Un'idea simile al factoring. Nel Regno Unito l'ha importata MarketInvoice. A mio modo, avevo elaborato delle variazioni sul tema in questo paper (ormai vecchio di due anni) sulla piattaforma iCash. La vedevo come una rete integrata con i circuiti creditizi e di regolamento "ufficiali" che legano imprese, sistema bancario e pubblica amministrazione.
Queste nuove piattaforme sono affascinanti. Nascono di solito da team forti nella tecnologia e nella comunicazione. Respirano l'aria della finanza etica o socialmente consapevole, quella del microcredito, per intenderci. Non aspirano semplicemente a diventare dei business finanziari, ma anche cellule di trasformazione virtuosa dell'economia. O almeno lo dichiarano come intento.
Le forme di finanziamento alternativo alle Pmi non sono congegni dal funzionamento facile. Immagino (e penso di non sbagliarmi) che la Banca d'Italia le tratti con molto cautela. In effetti molte falle possono aprirsi in questi circuiti di finanziamento e pagamento: incertezze legali, intoppi tecnologici, problemi di trasparenza. Sono realtà piccole che operano su importi piccoli, è facile che si trovino schiacciate dai costi di transazione. E poi si può anche riuscire a raccogliere fondi presso investitori aperti al nuovo e socialmente responsabili. Bisogna però dare soddisfazione anche nel momento della remunerazione e restituzione dell'investimento. Parliamo di strumenti che non isolano l'investitore dal rischio di default, e non garantiscono la liquidità dell'apporto prima della naturale scadenza. Tante ragioni per essere cauti.
Al giorno d'oggi, con il credit crunch che incombe, c'è però un motivo in più per essere interessati a queste innovazioni. D'accordo, non abbiamo il problema del Regno Unito, il nostro sistema bancario è pluralistico e vicino all'economia reale. C'è una vivace concorrenza tra grandi gruppi (nati dalla confluenza di tante illustri tradizioni locali) e banche popolari e di credito cooperativo.
Eccetera, eccetera, eccetera.
Però è ora di piantarla con la glorificazione di quel modello. Troppe cose stanno cambiando. Certo, si fa il possibile per far funzionare il sistema di intermediazione come in passato, nonostante le scosse della crisi. Il sistema regge, ma rischia di fuggire dai rischi, anche da quelli buoni, per rifugiarsi nell'intermediazione assistita. Non basta stracciarsi le vesti per convincere le banche a prestare alle Pmi la provvista a 3 anni presso la BCE. La condizione di dipendenza dalla BCE per l'equilibrio di liquidità non è una condizione normale. Dovremo venirne fuori, e c'è da credere che nel processo  il finanziamento delle imprese non rimarrà quello di oggi.
Penso che la finanza del futuro sarà per una fetta maggiore basata su assunzione di rischio diretto e consapevole, e diminuirà la quota di risparmio finanziario passivo con rischi coperti dall'assicurazione dei depositi o dalla BCE prestatore di ultima istanza. Di conseguenza, le forme di cui stiamo parlando dovrebbero diffondersi. Continua a piacermi l'idea che in questo spazio di intermediazione entrino i confidi, oggi stretti in un habitat nativo sempre più sacrificato e asfittico.
Sarebbe il caso di tornare sull'argomento, in grande stile. Stampa questo post

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