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domenica 27 febbraio 2011

Draghi ad AIAF-ASSIOM-FOREX: Banche, focus sul reddito

Nell'intervento del Governatore Draghi al convegno delle associazioni degli analisti e dei trader tenuto ieri a Verona, ha messo a fuoco le luci e le ombre della redditività bancaria. Le riprendo perché il conto economico delle banche è il pilastro che sta sopporta una larga parte dei costi della crisi. Finora la formula tradizionale di banca ha retto, ma mostra segni di affaticamento. Cito il passaggio sull'argomento (il sottolineato è mio):


Nel 2008, in piena crisi finanziaria, il  calo degli utili delle banche italiane dovuto a svalutazioni di titoli, perdite su negoziazioni, riduzioni delle commissioni, era stato modesto rispetto alle gravi perdite  subite da banche di  altri paesi. Ma dal 2009 la situazione è cambiata: sui loro profitti pesano la contrazione del margine d’interesse e il deterioramento della qualità dei crediti, conseguenza della grave
recessione.
Nei primi nove mesi dello scorso anno gli utili dei cinque maggiori gruppi si sono ridotti dell’8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009; il rendimento del capitale e delle riserve, espresso su base annua, è sceso sotto il 4 per cento. Il margine d’interesse è sceso in due anni dal 2,0 allo 0,9 per cento del totale dell’attivo, a causa del rallentamento dei volumi  intermediati e del calo del  mark-down sui depositi a vista determinato dal basso livello dei tassi d’interesse. Le rettifiche di valore su crediti, pur diminuite rispetto al picco del 2009, continuano ad  assorbire più della metà del risultato di gestione; il tasso medio di copertura in bilancio delle posizioni deteriorate rimane al di sotto dei livelli  di lungo periodo. Il recupero dei margini è frenato anche dall’intensificarsi della concorrenza nella raccolta al dettaglio.
Negli ultimi mesi si è aggiunto l’effetto del rischio-paese: oggi le banche italiane, anche le più efficienti, sono penalizzate nella provvista sui mercati all’ingrosso; pagano circa 70 punti base più di quelle tedesche.
La bassa redditività delle banche italiane risente,  oltre che della lenta ripresa della nostra economia, anche del loro tipico modello di attività: credito prevalentemente alla clientela  retail  (famiglie e piccole imprese), raccolta al dettaglio, bassa leva finanziaria, contenute operazioni per conto proprio sui mercati
mobiliari, minore trasformazione di scadenze rispetto a banche di altri sistemi, anche per il prevalere di finanziamenti a tasso  variabile. Questo modello rende le nostre banche meno esposte alla volatilità dei mercati finanziari e le ha protette durante la crisi. Il rovescio della medaglia è che le rende fortemente dipendenti dal margine d’interesse e dall’andamento della congiuntura macroeconomica; ne irrigidisce i costi operativi.
Occorre agire, con determinazione, per ridurre l’incidenza dei costi sui ricavi complessivi. Negli anni passati le maggiori banche italiane hanno accresciuto l’efficienza operativa, avvicinando il rapporto tra costi e ricavi a quello dei competitori europei: 62 per cento a fronte di una media del 58 per il complesso delle banche della UE nel primo semestre dello scorso anno.  Occorre ancora migliorare, con decisione: razionalizzando le reti di vendita, estendendo e affinando l’uso della tecnologia, semplificando le strutture  produttive, cedendo ulteriori attività non strategiche, adeguando le politiche di remunerazione ai vari livelli.
Il contenimento dei costi consentirà quel recupero dei profitti che è necessario per il rafforzamento patrimoniale richiesto dai mercati e dalle nuove norme sul capitale: in presenza di persistenti difficoltà di reperimento di capitale di rischio, è necessario generare un adeguato volume di risorse interne.  
Subito dopo il Governatore sottolinea un altro punto importante
Un’altra trasformazione del contesto strutturale con cui le  banche italiane si devono confrontare riguarda la tutela del cliente, oggi ben più incisiva che in passato.
Negli anni recenti la Banca d’Italia ha intensificato l’impegno a migliorare i rapporti tra intermediari e clienti. Abbiamo agito su più fronti: nuove norme, maggiori controlli, nuovi strumenti di  tutela. Siamo sempre stati favorevoli a una rimozione delle distorsioni che penalizzano l’industria bancaria italiana rispetto alla concorrenza: le recenti iniziative del Governo in materia  di fiscalità sulle banche vanno in questa direzione e accolgono auspici da tempo da noi formulati. Ma siamo altresì convinti che il nostro modello di banca, per la natura della clientela, ha più di altri bisogno che il rapporto con essa sia basato sulla trasparenza: ogni passo indietro su questo fronte ci vedrà contrari.
 Secondo me c'è bisogno di un salto di cultura e di visione strategica delle banche italiane, grandi e piccole. La loro situazione è emblematica di quella del Paese: c'è una robustezza radicata nel passato; i modelli gestionali di altri mercati sono entrati e poi ridimensionati o espulsi; il modello tradizionale però stenta, coglie le opportunità nuove (tecnologie, prodotti, servizi) con energia e creatività insufficienti; la preparazione e l'orgoglio bancario del personale (e da qui il modo di trattare i clienti) hanno fatto dei passi indietro. Forse c'è bisogno di nuovi modelli che coniughino la tecnologia che consente di portare a costi più bassi i servizi in casa del cliente con una potenziata capacità di assistere e condividere i problemi finanziari delle famiglie e delle imprese. Il pensiero va all'idea del business office (consulenza continuativa alla finanza d'impresa), non come servizio bancario, ma come nuovo canale di distribuzione (anche) che aspetta di trovare banche che lo sposino per cambiare nel senso della fiducia e della trasparenza il rapporto con le clientela. Stampa questo post

5 commenti:

Sapio ha detto...

Solo per sapere : dov'era BdI quando grandi banche confezionavano e distribuivano con metodi non proprio trasparenti i derivati che hanno danneggiato gli enti pubblici e le imprese?
Perché BdI ci mette ere geologiche a bloccare la vendita di prodotti tossici?
Non è pure BdI che deve migliorare la sua efficienza?

Tarantelluccio ha detto...

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto
chi ha dato, ha dato, ha dato.
Scurdammo 'o derivato,
che ingrassa l'avvocato
Sia il torto riparato!
Simm'e Napule, paisà

Stupore Correptus ha detto...

BANCA D'ITALIA GOVERNATORE DRAGHI :
"Ma siamo altresì convinti che il nostro modello di banca, per la natura della clientela, ha più di altri bisogno che il rapporto con essa sia basato sulla trasparenza: ogni passo indietro su questo fronte ci vedrà contrari"

E a proposito di trasparenza è bene sapere che l'ultima analisi fatta nel merito delle norme antiriciclaggio ha fatto emergere un aumento delle transazioni di tipo mafioso verso i paradisi fiscali attraverso società Offshore.

Ma la cosa piu' "divertente" è che nei paradisi fiscali sono presenti ben 325 sportelli di Banche Italiane !!!

Che cosa ci fanno ???

E poi BI viene a rompere i maroni sulla trasparenza ai Confidi .......

Bancarius Interruptus ha detto...

@ Stupore Correptus
Scusa, ma se Silvius va all'estero, che so, ad Antigua, in gita, deve pur poter prelevare al bancomat da una banca italiana. E' un servizio che le banche devono dare agli italiani all'estero (metti che poi gli toccasse restare là per un pezzo...)

Anonimo ha detto...

@Romani di Asterix: ahi, ahi, i luoghi comuni! I paradisi fiscali sono uno strumento di fiscal planning usato anche dai gruppi societari e dalle persone facoltose più rispettabili di tutto il mondo (il signor Ikea ha la fondazione in Lussemburgo per pagare meno tasse in Svezia). I mafiosi spostano denaro macchiato dai loro misfatti, ma usano gli stessi veicoli tecnici delle società o persone rispettabili. In entrambi i casi parliamo di soggetti molto potenti e ben difesi, per cui occorrono azioni di polizia internazionale e/o movimenti politici e di opinione vigorosissimi. Negli ultimi anni sono andati a pizzicarli perché servivano soldi per risanare le finanze domestiche dissanguate dalla crisi. Sono privilegi e ingiustizie che fanno girare le scatole, pure a me, ma riesco a sopravvivere se penso che l'alternativa è il regime di Pol Pot.
Sono d'accordo che l'antiriciclaggio applicato ai confidi è una duplicazione che non serve alla lotta al crimine, né ai confidi (a differenza di Centrale rischi) e costa uno sproposito.
La trasparenza è un'altra cosa, vuol dire trattare bene i clienti, ma non per modo di dire, dimostrandolo coi fatti. Anche su questo punto servirebbe un'opera gigantesca di sfoltimento degli adempimenti e delle carte che un cliente si porta a casa e infila in un cassetto e dopo sei mesi in un cassonetto. Quanto è pesata la Mifid sul cost/income ratio delle piccole banche italiane? Per non parlare della deforestazione.