Vi racconto due fatti capitati in università, che hanno cambiato la mia opinione sugli scienziati che si interessano alla finanza.
Il primo è l'esito dell'esame di Modelli di decisione finanziaria e di investimento della nostra laurea triennale in Economia e management. Hanno frequentato 15 studenti del corso di laurea triennale in matematica. Stessa età dei "nostri" studenti. Primo esame di argomento economico per loro. Bene, hanno raccolto più della metà dei voti superiori o uguali a 28/30, in un'aula di 160 persone.
Secondo fatto: ricevo una mail da uno studente del terz'anno della laurea triennale in fisica. Si dichiara interessato a inserire materie finanziarie nei suoi studi e chiede un appuntamento. Garbatamente glielo concedo, ma penso "Ecco un aspirante rocket scientist che vuole far fruttare le sue conoscenze dei modelli fisici alla Goldman Sachs o in qualche hedge fund". Toppato in pieno. Mi racconta i suoi progetti: laurea triennale in fisica, con qualche esame di area economica; prosecuzione con la laurea magistrale sempre in fisica, con integrazione di 10 esami di economia, management, finanza, diritto. Poi master in finanza. Destinazione finale: entrare in una finanziaria di investimento per fare venture capital. Ha capito (da solo) che il cuore, e la polpa, della finanza d'impresa stanno nel capitale di rischio, quello gli interessa. E' figlio di imprenditori (questo spiega molto), ma vuole fare un salto di qualità.
Che cosa ho imparato? Prima di tutto che le persone di talento ci sono sempre. C'è un clima che scoraggia la passione per lo studio, come poi per il lavoro. Nel nostro habitat delle facoltà di economia, che molti scelgono perché danno lavoro, gli studenti appassionati sono diminuiti nel tempo; qualche anno fa erano scesi a livelli preoccupanti, ma stiamo recuperando. Nelle facoltà scientifiche è più facile trovare persone che vogliono far lavorare il cervello, buttarsi nella comprensione della realtà con un metodo rigoroso. Nelle facoltà umanistiche (ho due figli che studiano in una delle migliori nel loro campo) ci sono bravi docenti, il clima è più rilassato, e nei curricula c'è un po' di zavorra.
Secondo insegnamento: i problemi che attanagliano il paese richiedono energie nuove, grande intelligenza, creatività, capacità di lavoro, talento. Doti che vedo rifiorire negli studenti (anche nei nostri). Attenzione che tra un po' verranno a chiederci conto della sciatteria e della pavidità con le quali non abbiamo fatto niente per preparare il loro futuro. Spero che ce lo dicano garbatamente. In ogni caso, cediamo il timone. Ma siamo ancora in tempo per fare squadra con loro, creare scuole di pensiero e di azioni.
Nessun commento:
Posta un commento